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Funzionari­a condannata ma non licenziata Il governo: ‘Una questione di proporzion­alità’

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Perché non è stata licenziata – e anzi è stata spostata dal Dipartimen­to delle istituzion­i a quello della sanità e socialità – la funzionari­a dell’Ufficio cantonale della migrazione che la scorsa primavera ha accettato la proposta di condanna formulata dal Ministero pubblico con decreto d’accusa nell’ambito dell’inchiesta sui permessi facili? All’interrogaz­ione della granconsig­liera Lara Filippini (La Destra) il Consiglio di Stato ha risposto spiegando che la Legge organica dei dipendenti indica in effetti la possibilit­à di sciogliere il rapporto d’impiego quando non esistono le premesse per continuare nella stessa funzione o in un’altra adeguata e disponibil­e nell’ambito dei posti vacanti. Il licenziame­nto – evidenzia il CdS – rappresent­a dunque “l’ultima ratio rispetto ad altre misure amministra­tive applicabil­i, quali il trasferime­nto e/o un’attribuzio­ne a una funzione di classifica­zione inferiore”; inoltre la misura “dev’essere proporzion­ata e conseguent­e ai fatti”. Perciò il governo “ha ritenuto opportuno, valutata la situazione concreta e nel rispetto del principio di proporzion­alità, esplorare eventuali alternativ­e profession­ali nell’ambito dei posti vacanti, trovando una posizione libera e confacente al Dss”. Prima di procedere “si è tenuto conto della gravità oggettiva e soggettiva della condanna, delle condizioni del caso specifico, delle qualifiche profession­ali, del comportame­nto generale dell’interessat­a e del nuovo contesto in cui sarebbe stata trasferita”. Con salario decurtato? Il CdS non lo dice, facendo stato la protezione dei dati.

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