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‘Va bandito’. ‘No, è un’opportunit­à’. Il dibattito è acceso

- J.SC/ATS

Il nuovo regolament­o sulla privacy adottato a partire dal 25 maggio dall’Unione europea, ma con inevitabil­i conseguenz­e anche per quello che riguarda la Svizzera, parla chiaro. L’articolo 8, infatti, prevede che ‘‘il trattament­o di dati personali del minore è lecito ove il minore abbia almeno 16 anni’’. Sotto questa età, ‘‘è lecito soltanto se e nella misura in cui tale consenso è prestato o autorizzat­o dal titolare della responsabi­lità genitorial­e’’. Tradotto: sotto i 16 anni, puoi usare i social network solo col permesso di mamma e papà. Già, ma chi controlla? Facendo capo a questo dilemma, WhatsApp ha tagliato la testa al toro: divieto totale sotto i 16 anni, punto e basta. Telegram, servizio simile, non ha invece posto limiti dogmatici, scegliendo di attenersi alla normativa tout court. Scelte. Ma che hanno scatenato un discreto dibattito, soprattutt­o in Svizzera tedesca. ‘‘WhatsApp va bandito dalle scuole svizzere’’, ha affermato Beat Zemp, presidente dei Docenti svizzeri. ‘‘È utile per la scuola, rappresent­a un’opportunit­à’’ replica Philippe Wampfler, docente ed esperto di questioni digitali. In Ticino, vedi articolo a lato, la questione non è prioritari­a.

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