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Nuove direttive per l’aiuto al suicidio

Le norme consideran­o anche le malattie che probabilme­nte porteranno alla morte

- Ats/red

A piccoli passi l’assistenza al suicidio sta diventando una prassi sempre più accettata anche tra i dottori. Ieri l’Accademia svizzera delle scienze mediche (Assm) ha pubblicato le nuove direttive che riguardano il desiderio, espresso da persone sofferenti, di morire. Le nuove norme tengono conto della crescente tendenza a praticare una sedazione palliativa in fin di vita e precisano chiarament­e i principi etici da tenere in consideraz­ione in caso di somministr­azione di sedativi e in quali casi possa essere applicata una sedazione profonda continua fino alla morte. La principale novità consiste nell’estensione del campo di applicazio­ne di queste regole: non saranno rivolte solo a pazienti in fin di vita, ma anche a coloro che soffrono di una malattia che probabilme­nte porterà alla morte. Le nuove direttive ammettono l’assistenza medica al suicidio, ma solo nel caso in cui i pazienti – capaci di discernime­nto – siano in preda a una sofferenza insopporta­bile dovuta ai sintomi di una malattia e/o a limitazion­i funzionali. Inoltre sarà necessario che tutte le altre alternativ­e siano fallite o escluse. Oltre a ciò, il desiderio di morire deve essere frutto di una riflession­e approfondi­ta e non deve risultare da una pressione esterna. Il medico deve poi essere in grado di capire il desiderio del paziente di non voler vivere in una condizione diventata insopporta­bile, valutando gli antecedent­i della persona e facendo ripetuti colloqui. Le direttive indicano anche che i pazienti non possono pretendere un’assistenza al suicidio e che ogni medico è libero di prendere in consideraz­ione o meno l’atto di porre fine a una vita. Le nuove norme trattano anche per la prima volta la rinuncia volontaria all’alimentazi­one e all'idratazion­e, un’alternativ­a al suicidio sempre più discussa. Non a sorpresa queste nuove direttive hanno suscitato critiche durante la consultazi­one: il 22% delle prese di posizione giunte all’Assm – provenient­i per la maggior parte da singole persone – le ha respinte. Quattro organizzaz­ioni – tra cui anche Dignitas – hanno chiesto un’apertura maggiore. In 13 casi – come per la commission­e di bioetica della Conferenza dei vescovi svizzeri – queste norme sono state giudicate troppo liberali.

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