In Austria sigilli a sette moschee
Il governo Kurz chiude sette centri di preghiera e minaccia di espulsione 40 imam Le accuse: propaganda radicale e finanziamenti dall’estero. Applausi dall’estrema destra europea all’esecutivo nazionalsita.
Il governo nazionalista chiude sette centri di preghiera turcofoni e minaccia di espulsione 40 imam. L’accusa: propaganda radicale e finanziamenti dall’estero.
Vienna – Sette moschee turcofone chiuse (“Camii Kapalidir”) e quaranta imam con il permesso di soggiorno a rischio. Con una decisione senza precedenti – perlomeno per le dimensioni del provvedimento – il governo austriaco ha messo i sigilli a sette centri di preghiera, per “contrastare il radicalismo in Austria e punire il mancato rispetto della legge sull’islam, che bandisce, fra l’altro, i finanziamenti dall’estero”. Abbastanza per attirarsi le ire pavloviane del governo turco e gli applausi degli Oraban, Salvini e compagni. Non è infatti un governo qualsiasi quello formato da popolari e liberali austriaci: di destra come, e forse più, di quello italiano. «Non c’è posto nel nostro paese per società parallele e tendenze alla radicalizzazione» ha affermato il cancelliere Sebastian Kurz. Sostenuto dal proprio vice HeinzChristian Strache: «Non accadrà che si tollerino prediche dell’odio con il pretesto di una religione». Il che, specularmente, dovrebbe valere anche per i discorsi islamofobi, sul crinale del puro razzismo, che hanno assicurato il successo elettorale ai due. Va detto che la conduzione e i discorsi tenuti nelle moschee chiuse hanno fornito più argomenti all’esecutivo austriaco: una delle moschee viennesi chiuse è considerata ad esempio affiliata al movimento fascistoide turco dei “lupi grigi”, affiliazione da considerarsi un “successo” del presidente Recep Tayyp Erdogan il cui islamonazionalismo ha sedotto i “lupi”, in altri tempi feroci nemici dei religiosi. Ad aggiungere sospetti, o prove, le fotografie di sfilate di bambini, vestiti di divise militari turche per celebrare la vittoria ottomana nella battaglia di Gallipoli, di un secolo fa. Ma anche supposte prediche dai chiari accenti salafiti. La chiusura, come immaginabile, ha creato però profondo sconcerto nella comunità musulmana locale. “Ci vogliono impedire di pregare”, hanno denunciato molti fedeli interpellati dalla stampa austriaca. Le moschee chiuse si trovano a Vienna, quattro, due in Alta Austria e una in Carinzia. L’Unione turco-islamica Atib, che conta 60 associazioni, 60 imam e 100mila membri in tutta l’Austria è una espressione dell’Islam sunnita, ma soprattutto è ritenuta la longa manu dell’ente per la religione turco Diyanet, che fa capo al partito di Erdogan. Il suo portavoce ha avuto una giornata “impegnativa”: il governo Kurz, ha detto Yasar Ersoy «indichi per favore una moschea per la quale si possa parlare di radicalizzazione. Non ce n’è neppure una». Riconoscendo tuttavia che gli imam sono pagati dalla Turchia, “perché in Austria non vi sono i mezzi per un’adeguata formazione”.