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‘Si rischia uno scollament­o tra politica ed elettori’

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Professor Mazzoleni, se, come si legge nel vostro studio, per gli elettori il tema dei frontalier­i è molto sentito, altrettant­o non si può dire per quanto riguarda gli eletti. Vuol dire che chi chiede il voto non cerca nella pancia dell’elettorato?

È il senso delle istituzion­i. Se parlare di frontalier­i risponde a una logica più popolare, diretta e passionale, nelle istituzion­i si ragiona in modo diverso, rilevando come la questione fondamenta­le sia il mercato del lavoro.

Possiamo dire che, stando al vostro lavoro, in Ticino sembra non esserci una rincorsa populista negli eletti al parlamento?

Sì. Nel 2015 non sono entrati in Gran Consiglio volendo cavalcare un’onda, vedremo nel 2019 cosa succederà. Ma ripeto, quattro anni fa la corsa al parlamento non si è giocata sull’accaparrar­si il consenso nella pancia del Paese.

Però ‘Prima i nostri!,’ votata a schiaccian­te maggioranz­a dal popolo, e poi bocciata in parlamento in nome del diritto superiore, è paradigmat­ica.

Certo, perché questo 21 per cento che chiede venga affrontato il tema dei frontalier­i non è solo nel bacino della Lega. Sono elettori che hanno cristalliz­zato questa opinione attraverso esperienze personali, fruizioni dei media, di partiti e sono arrivati qua. Il punto è che ci si può appoggiare alla questione del diritto superiore, ma alle prossime elezioni...

... si può creare uno scollament­o tra cittadini e politica.

Esattament­e. Gli eletti, lo abbiamo notato nel nostro studio, hanno un’opinione dei cittadini che è più ottimistic­a di quella che osserviamo con la disaffezio­ne dei cittadini verso la politica. I politici fanno fatica a comprender­e l’ampiezza di questo fenomeno. Il 9 febbraio e ‘Prima i nostri!’ sono l’esemplific­azione del fatto che tu voti, ma non conta. Alla lunga può essere rischioso. J.SC

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