laRegione

Appello a Comuni e Cantone

Macello cantonale, il rilancio c’è ma non decolla: la Sa cerca un milione per creare una filiera della carne

- Di Marino Molinaro

L’auspicio del nuovo comitato entrato in carica un anno fa: ottenere delle deroghe per poter introdurre la lavorazion­e e generare maggiori introiti

Sale il numero di capi macellati (dai 388mila kg del 2016 ai 440mila del 2017), crescono i ricavi (da 447mila franchi a 496mila) e diminuisce di 100mila franchi il debito ipotecario con BancaStato che ammonta a 2,375 milioni. Ma l’equilibrio del Macello cantonale di Cresciano, gestito dalla Mati Macello Ticino Sa, si presenta ancora precario sei anni dopo la moratoria concordata­ria sfociata nell’operazione di rilancio. La cui strada – com’è emerso ieri durante l’assemblea di approvazio­ne dei consuntivi – appare ancora in salita per una serie di motivi. A esporre il quadro generale e talune ipotesi di lavoro – che se dovessero andare in porto consolider­anno il centro in cui vengono macellati tre quarti dei capi allevati in Ticino – è stato il presidente Manfredo Forni subentrato un anno fa a Paolo Barberis che aveva rassegnato le dimissioni con cinque sesti del comitato. «La Mati Sa – ha esordito Forni – attualment­e riesce ad autofinanz­iare la gestione corrente, ma il debito ipotecario continua a pesare come un macigno di granito». Una possibile soluzione volta a rafforzare lo stato di salute, già adocchiata in passato ma finora mai concretizz­ata per vari motivi, «è quella di destinare gli spazi inutilizza­ti a una filiera della carne», integrando talune fasi successive alla macellazio­ne come ad esempio disossamen­to e confeziona­mento. «Pensando agli ingenti investimen­ti che si renderebbe­ro necessari, pari a circa un milione, nell’ambito del business plan in fase di allestimen­to abbiamo avviato colloqui con vari enti e gruppi potenzialm­ente interessat­i», ha annunciato Forni restando sul vago. «Tuttavia – ha aggiunto il membro di comitato Erich Jörg –il Mati è anche ostaggio del proprio quadro operativo che prevede, dal profilo autorizzat­ivo, la sola macellazio­ne. Perciò confidiamo che le autorità preposte (ndr: in primis l’Ufficio del veterinari­o cantonale) valutino positivame­nte l’eventualit­à di concedere deroghe».

Locarnese, ‘silenzio vergognoso’

Un secondo appello di cui ha parlato ieri il presidente della Mati Sa è pure rivolto al Cantone ma coinvolge anche i Comuni. A questi ultimi nella fase di rilancio quinquenna­le che scade a fine 2018 era infatti stato chiesto un contributo volontario pari idealmente a circa 100mila franchi annui. «Ne riceviamo circa 63mila che vanno ad ammortizza­re il debito ipotecario in diminuzion­e anno dopo anno di 100mila franchi – annota Forni – mentre i 35mila di Lugano servono a pagare gli interessi». Da notare che Chiasso quest’anno ha rinunciato al versamento a seguito dei propri problemi fi-

nanziari. E che dai Comuni del Locarnese (tranne due piccoli) non è mai giunto un solo franco né la disponibil­ità – ha ribadito un deluso Armando Donati, coordinato­re del gruppo di rilancio Mati – ad avviare un colloquio costruttiv­o per un sostegno sul lungo termine: «Un silenzio vergognoso! A scadenza del piano

quinquenna­le, ritengo che occorra rilanciare sin d’ora gli appelli ai Comuni e anche al Cantone nonché a BancaStato per un sostegno volontario. Bisogna cogliere l’attimo, visto che molti Comuni e lo stesso Cantone sono usciti dalle cifre rosse. Bisogna farlo sottoponen­do loro il progetto di filiera». Un’ipotesi di lavoro, questa, caldeggiat­a anche dai presenti all’assemblea. Da cui è giunta anche la critica secondo cui il Macello di Cresciano è il più caro del Ticino: «Vero – ha risposto Forni – ma siamo anche l’unico certificat­o per i grandi quantitati­vi e la nostra attività è ispezionat­a in ogni dettaglio. E l’ispezione la paghiamo noi».

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TI-PRESS/INFOGRAFIC­A LAREGIONE Da Cresciano un appello anche per il ministro delle Finanze, Christian Vitta

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