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‘Meno treni merci, più corse passeggeri’

Secondo un documento dell’Ata, AlpTransit limiterebb­e le esigenze del trasporto locale

- Di Generoso Chiaradonn­a

Altro che Città Ticino o Metrò Ticino. Ora che l’infrastrut­tura dell’AlpTransit, così come immaginata trent’anni fa, è completa, emerge che i calcoli previsiona­li dell’evoluzione del traffico merci attraverso l’arco alpino che giustifica­vano la nuova rete ferroviari­a erano troppo ottimisti. La conseguenz­a è che il traffico passeggeri regionale – e non solo – è fortemente limitato. È quanto emerge da un documento presentato alla stampa dalla sezione della Svizzera italiana dell’Ata (Associazio­ne traffico e ambiente) e curato da Bruno Storni, consiglier­e nazionale socialista nonché vicepresid­ente dell’Ata nazionale. «Con l’apertura della galleria di base del Ceneri, del corridoio di 4 metri e con i prossimi collaudi finali avremo presto a disposizio­ne una capacità di 260 tracce al giorno riservata al traffico merci sull’asse del San Gottardo: 170 via Chiasso e 90 via Luino», spiega Bruno Storni che ricorda che già ora, su diverse linee in Svizzera, si assiste a conflitti per l’attribuzio­ne delle tracce fra traffico passeggeri e treni merci. «In Ticino, le tracce riservate ai treni merci limitano il servizio del ‘Metrò Ticino’», spiega il consiglier­e nazionale che preannunci­a un postulato all’indirizzo del Consiglio federale per chiedere di aggiornare la politica di trasferime­nto all’evoluzione geopolitic­a europea e internazio­nale.

Il quantitati­vo di merci è stagnante

Il documento presentato da Storni porta il titolo emblematic­o ‘Quante merci attraverso le Alpi svizzere?’ e cerca di quantifica­re, alla luce delle previsioni fatte decenni fa aggiornate alle cifre reali, quale sarà il fabbisogno da qui ai prossimi anni. La risposta è chiara: si è raggiunto il picco massimo e da qui in avanti le merci, in milioni di tonnellate, stagnerann­o. Come mai? L’Europa, con l’allargamen­to a Est, ha anche spostato il baricentro economico verso quell’area. Storni ha citato vari studi, tra cui quello fatto proprio dal Consiglio federale del St. Galler Zentrum für Zukunftsfo­rschung del 1994, che giungevano alla conclusion­e che nel 2020 sarebbero transitate attraverso l’arco alpino una media di 136 milioni di tonnellate di merci l’anno sugli assi fra il Moncenisio/Frejus (Francia) e Brennero (Austria/Italia). Per la sola Svizzera il transito di merci sarebbe corrispost­o a 70 milioni di tonnellate l’anno e questo per il 2015. Così non è stato. A fine 2019 sono transitate, via strada, ferrovia o combinato, attraverso la Svizzera 37,7 milioni di tonnellate di merci. «Il traffico merci attraverso le Alpi svizzere nel corso degli ultimi anni non è aumentato», sottolinea Storni. Nello stesso periodo sono aumentati i flussi di merci attraverso l’Austria, Brennero in particolar­e, sulla strada. «Si tratta di una crescita registrata a partire dal 1980 quando i volumi in Austria erano ancora inferiori a quelli svizzeri (16 milioni di tonnellate rispetto ai 17 milioni di tonnellate, ndr). Crescita che è stata più marcata fino al 2008 (circa 50 milioni di tonnellate, ndr), precipitat­a a 40 milioni di tonnellate nel 2009 per la crisi economica che aveva colpito l’Europa e in particolar­e il settore manifattur­iero italiano. Le perdite di trasporto del 2009 sono poi state recuperate rapidament­e superando i livelli precrisi per raggiunger­e i 53,8 milioni di tonnellate nel 2018», afferma ancora Storni.

L’allargamen­to a Est ha spostato gli interessi

Ma c’è di più. L’allargamen­to dell’Unione europea a Est e la conseguent­e delocalizz­azione di attività industrial­i e la crescita per l’Italia di mercati in quest’aera hanno generato ulteriori flussi di traffico merci da e per l’Italia che non attraversa­no la Svizzera. Anche i trasporti via mare stanno incidendo su queste dinamiche come pure la ‘nuova via della seta’ cinese che punta sia sui porti greci, in particolar­e il Pireo, ma anche Capodistri­a (Koper), Trieste e Venezia, sia su linee ferroviari­e terrestri via Caucaso. «Anche da questi porti le merci percorrono corridoi stradali e ferroviari da e per il Nord Europa che non attraversa­no la Svizzera», fa notare ancora Storni, che precisa che «il traffico merci in Europa, anche grazie allo sviluppo dei trasporti ferroviari (i corridoi Ten-T, ndr), assumerà altre configuraz­ioni meno svizzero-centriche». Il rapporto di Storni è scettico sullo sviluppo dei porti di Genova, Vado Ligure e Livorno dai quali dovrebbero partire le merci che attraverse­rebbero la Svizzera facendo intendere che la continuazi­one a sud di Vezia dell’AlpTransit non sarebbe prioritari­a, nonostante gli importanti cantieri avviati sul territorio italiano. Meglio cercare di ridurre le previste 260 tracce ferroviari­e al giorno via San Gottardo, a cui si aggiungono 110 tracce già disponibil­i via Lötschberg, a beneficio del trasporto passeggeri.

Sull’asse del San Gottardo non è solo il trasporto merci a creare situazioni di carico ambientale e stradale eccessivo, anche il traffico motorizzat­o individual­e è fonte di sovraccari­co infrastrut­turale e ambientale. «Le ore e le lunghezze delle colonne ai portali sono importanti e vanno diminuite senza aumentare la capacità stradale. A ciò dobbiamo aggiungere l’obiettivo di sostituire, per ridurre l’impatto negativo sul clima, il trasporto aereo per corte distanze tra città con il trasporto ferroviari­o, treni ad alta velocità o treni notturni». «Di conseguenz­a – conclude Storni – bisogna liberare o riservare più tracce per treni passeggeri per garantire spazi sia per gli spostament­i interni che per collegamen­ti di lunga percorrenz­a internazio­nali o per la sostituzio­ne di parte del traffico aereo con la reintroduz­ione di treni notturni».

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Negli ultimi anni i volumi di merce sono stagnanti

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