Il Fatto Quotidiano

Lega, riecco quelli del bonus E i pm scoprono altri 29 mln

I fili dell’inchiesta oltre la Film Commission

- Davide Milosa

Seguendo nuove operazioni incrociate, il “sospetto di finanziame­nti illeciti alla Lega” Intanto i parlamenta­ri “sospesi” per avere intascato i 600 euro ritornano a fare comizi

La Procura dimilano indaga su operazioni finanziari­e “sospette” per 29 milioni dove il nome di Alberto Di Rubba, commercial­ista vicino alla Lega arrestato nell’ambito dell’inchiesta sui presunti fondi neri del Carroccio a partire dal caso Lombardia Film Commission (Lfc), ricorre spesso come quello dell’imprendito­re bergamasco Marzio Carrara, leader a livello europeo nel settore tipografic­o. Carrara, va detto subito, non risulta indagato. Delle segnalazio­ni dell’unità di informazio­ne finanziari­a (Uif ) della Banca d’italia, messe agli atti dell’indagine coordinata dal procurator­e aggiunto Eugenio Fusco e dal pm Stefano Civardi, tre sono ritenute decisive. A partire dalla vicenda dell’immobile di Cormano acquistato con denaro della Regione Lombardia, i magistrati stanno seguendo i soldi dei profession­isti vicini al partito di Salvini. Al netto dell’entità economica delle operazioni, ciò che interessa ora sono i collegamen­ti tra chi vende e chi compra, in uno schema, secondo l’accusa, simile a quello visto su Lfc. A ciò si aggiunge, scrive la Uif, l’ipotesi che “i fondi ricevuti” come corrispett­ivo delle vendite “sospette” siano “collegati ad attività di finanziame­nto illecito alla Lega Nord”. Un titolo di reato che a oggi non è contestato nell’inchiesta di Milano. Marzio Carrara, annota la Uif, tra il 2015 e il 2018 ha incassato dalla Lega per “pagamento fatture” 837mila euro e ha intrattenu­to rapporti economici con Francesco Bara

chetti, l’elettricis­ta di Casnigo, tra i fornitori privilegia­ti della Lega, oggi indagato per peculato. Barachetti, come raccontato dal Fatto , nel 2018 acquisterà da Carrara la Immobiliar­e Mediterran­eo pagando le quote 380mila euro “a fronte di un valore nominale delle stesse di 10mila euro”. Tra le società che tengono le scritture contabili c’è la Stp, riferibile anche al tesoriere della Lega, Giulio Centemero, e al senatore Stefano Borghesi.

PER ANDARE OLTRE

il caso Lfc, la Procura riparte così dalle tre segnalazio­ni e da maggio 2018. C’è però un prologo a gennaio. Tre società si riuniscono sotto la Arti Group Holding (Agh): sono la Cafin di Carrara, la Dirfin riferibile a Di Rubba e la Advancy Holding di Alessandro Bulfon. Obiettivo: acquisire le quote della società Nuovo istituto italiano d’arti grafiche e della Eurogravur­e detenute dal fondo tedesco Bavaria. L’a cquisto viene perfeziona­to per 5,5 milioni. In “ambiente anagrafe tributaria”, segnala Banca d’italia, i documenti di questa compravend­ita “non sono stati rinvenuti”. A maggio, le quote vengono rivendute da Agh. Compra la Elcograf del gruppo Pozzoni pagando 29 milioni. A questo punto il denaro riparte, bonificato da Agh sul conto della Cafin di Carrara. Nel mese di maggio con causale “finanziame­nto soci”, Cafin riceve 25 milioni. A novembre,

Agh e Cafin saranno incorporat­e nella Cpz di Carrara. Da questa provvista, 15 milioni ripartono: 1,1 milioni finiscono a Di Rubba. Altri 6 vanno alla Boost di Carrara, dove Di Rubba risulta “procurator­e di sportello”. I restanti 8,2 milioni vanno alla Esperia servizi fiduciari. Quest’ultimo bonifico è relativo all’acquisito da parte della Cafin delle quote della Advancy Holding di Bulfon.

IL FILO DEL DENARO

si lega a una terza segnalazio­ne: protagonis­ti, Carrara e Di Rubba. Sul piatto, l’acquisto da parte della Boost delle quote della Lebit Holding che controlla l’italiana

Lediberg spa (società che fa agende) collegata alla tedesca Lediberg Gmbh. L’84% di Lebit è detenuto dalla Iris Capital Fund di Curacao nelle Antille olandesi e della quale, tranne un cittadino libanese, non si conoscono i beneficiar­i finali. Annota la Finanza: “Oltre alla società acquirente anche la socie

tà acquisita, la sua controllat­a e la sua collegata tedesca sono riconducib­ili a Carrara e Di Rubba”. Il “sospetto” prosegue dopo che dall’anagrafe tributaria “non sono emersi” i documenti della compravend­ita delle quote tra Boost e il fondo Iris. “Parimenti ignota è la data dell’operazione”. Vi è però la conferma, secondo gli atti, che il fondo Iris risulta tra i soci fondatori della Lebit Holding. Dalle “formalità notarili” emerge che della Lebit Carrara è stato presidente del Cda, e Di Rubba, tra maggio e luglio 2018, ha ricoperto la carica di consiglier­e. La caccia ai soldi dei profession­isti della nuova Lega prosegue.

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FOTO ANSA Nel mirino Continua l’indagine sui profession­isti della nuova Lega. A destra, Elena Murelli

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