Corriere del Mezzogiorno (Campania)
LA STRADA PER BATTERE IL VIRUS
Il 21 maggio l’Italia ospiterà il summit sulla salute. Sarebbe l’occasione per rilanciare la proposta
Stiamo assistendo da settimane ad una guerra europea dei vaccini, a tratti surreale, tra contenziosi con le aziende produttrici per i continui ritardi e le inadempienze nelle forniture (che alimentano le tensioni tra Regioni e Governo), contrapposizioni tra Stati membri, a motivo del piano di ripartizione dei vaccini e con ex Stati membri, per la mancata reciprocità nelle esportazioni, bacchettate alla Commissione europea, rea di aver portato a casa «cattivi» contratti — la cui responsabilità va, però, equamente condivisa con gli Stati membri —, per tacere della saga del vaccino AstraZeneca, concepito come alternativa europea agli statunitensi Pfizer e Moderna e sul quale il nostro Paese ha concentrato inizialmente i suoi acquisti. In questa confusa dialettica tutta europea, si rischia di perdere di vista la dimensione globale del problema con cui ci confrontiamo da oltre un anno e della sua possibile soluzione. Secondo dati ufficiali dell’Oms, le vittime del Covid-19 nel mondo sono poco meno di 3.000.000 ed i contagiati 137 milioni; il 2% della popolazione mondiale ha ricevuto una vaccinazione completa e meno del 6% la prima dose di vaccino. Se è vero, come si ripete da più parti, che dalla pandemia (e dalla crisi economica e sociale che ne è conseguita) «non si esce da soli», occorre in tempi rapidi rendere effettivamente universale l’accesso ai vaccini, anche da parte di quei Paesi che non hanno capacità manufatturiera, né risorse economiche per sopperire ai bisogni della loro popolazione.
Una vaccinazione diffusa a livello mondiale frenerebbe la circolazione del virus e delle sue varianti, agevolando una ripresa in sicurezza degli scambi e sostenendo su scala globale la ripresa economica e il superamento dell’emergenza sociale.
Le iniziative messe in campo per fornire vaccini e dispositivi medici essenziali ai Paesi più poveri e più vulnerabili — come il programma Covax, coordinato dall’Oms, a cui partecipa l’Unione europea — non hanno conseguito i risultati attesi, anche perché i livelli attuali di produzione dei vaccini non sono adeguati al fabbisogno mondiale. Ne sono una riprova l’oggettiva incapacità delle case farmaceutiche, certamente riconducibile anche a scelte strategiche aziendali, di rispettare i contratti sottoscritti e la decisione dell’Unione europea di aprire nuovi siti per la produzione dei vaccini, sulla base di intese con le aziende fornitrici. In attesa che la ricerca metta a punto nuovi vaccini, come l’italiano Reithera, sarebbe opportuno accelerare e potenziare la produzione di quelli disponibili, sollecitando alle aziende la condivisione di alcuni diritti di proprietà intellettuale o sospendendo l’esclusiva dei brevetti per il tempo necessario a conseguire l’immunizzazione di una larga parte della popolazione mondiale.
Una proposta in tal senso è in discussione davanti agli organi competenti del TRIPs, l’accordo che regola gli aspetti commerciali della proprietà intellettuale, di cui sono parti 164 Paesi. L’accordo riconosce ai titolari di brevetto una esclusiva d’uso ventennale, consentendo agli Stati, in caso di emergenza nazionale, di autorizzare temporaneamente l’uso di una «invenzione» coperta da brevetto, anche senza il consenso del titolare del diritto, previa corresponsione di una remunerazione adeguata alle circostanze e purché l’utilizzo sia limitato al mercato nazionale. Di questa deroga, potrebbero dunque valersi solo Paesi con adeguata capacità manifatturiera, come il nostro o, anche, l’India. Nel 2005, per contrastare la diffusione dell’Hiv-Aids, è stata introdotta una ulteriore flessibilità, che consente l’adozione, a livello nazionale, di licenze obbligatorie per la produzione a basso costo di farmaci essenziali contro Hiv-Aids, tubercolosi e malaria, destinati all’esportazione verso i Paesi più poveri, con nessuna o con insufficiente capacità manifatturiera. La strada più diretta per promuovere un accesso universale effettivo ai vaccini è dunque quella, oggetto della proposta in discussione nell’ambito del TRIPs, di una sospensione generale dei brevetti sui vaccini contro il Covid-19, temporalmente limitata e rivedibile annualmente alla luce delle circostanze.
La proposta, condivisa da un gran numero di Paesi e appoggiata da una larga e particolarmente qualificata parte dell’opinione pubblica mondiale, da premi Nobel a leader politici, agli stessi direttori generali dell’Oms e dell’Omc, ha incontrato finora l’opposizione di alcuni Stati – fra cui, gli Stati Uniti, il Regno Unito, l’Unione europea ed i 27 membri –, non riuscendo a coagulare il consensus necessario per la sua adozione. È innegabile che i brevetti, e i costi che ne conseguono, costituiscono un ostacolo (non il solo) all’accesso libero e universale ad un rimedio essenziale contro la diffusione del virus e che l’efficacia della campagna vaccinale dipende dalla sua universalità. Dal 21 al 23 maggio, l’Italia ospiterà il Summit mondiale sulla salute, in occasione del quale verrà rilanciata la proposta di un Trattato internazionale sulle pandemie. Sarebbe un bel segnale di responsabilità e di concreta solidarietà da parte di Paesi, come il nostro, che in Costituzione riconoscono e tutelano il diritto fondamentale alla salute, se da quel vertice partisse una iniziativa forte per aiutare l’uscita in sicurezza dalla pandemia. A prescindere dalla considerazione del diritto umano alla salute come valore essenziale della comunità internazionale, giova ricordare che, in una rete di mercati interconnessi ed interdipendenti, la ripresa economica, di cui la sicurezza sanitaria è il presupposto, sarà globale o non sarà.