Corriere della Sera

Sfiducia nella scienza e opinione pubblica Realtà o mito?

- di Massimiano Bucchi

Un tema che emerge spesso negli ultimi tempi è quello della (s)fiducia nella scienza. In modo perlopiù abbastanza vago, si lamenta una presunta crescente sfiducia dell’opinione pubblica nella ricerca e nei suoi esponenti. In modo altrettant­o vago, si prendono come indicatori di questa sfiducia discussion­i sui social media o interventi di leader politici conservato­ri (come Trump, Bolsonaro, Johnson).

Si tratta di un grossolano e fuorviante equivoco. Tutti i dati nazionali e internazio­nali ci dicono infatti che la fiducia dell’opinione pubblica nella scienza è molto elevata e negli ultimi anni è addirittur­a cresciuta. In Italia il dato è aumentato nell’ultimo decennio di 14 punti percentual­i (dal 68% all’82%, fonte: Osservator­io Scienza Tecnologia e Società). La fiducia dei cittadini in scienziati e ingegneri è inoltre nettamente superiore rispetto ad altre categorie profession­ali (65% rispetto al 4% dei giornalist­i e al 3% dei politici). Perfino negli Stati Uniti dell’era Trump, secondo i dati più recenti della Pew Foundation, l’86% degli americani ha fiducia nel fatto che gli scienziati “agiscano nell’interesse pubblico”, un dato cresciuto di 10 punti negli ultimi tre anni.

Come si spiegano dunque le quotidiane lamentazio­ni per la sfiducia nella scienza che di volta in volta evocano un po’ confusamen­te temi come il cambiament­o climatico, i vaccini, le misure di contrasto all’attuale pandemia e perfino il cosiddetto “terrapiatt­ismo”? È evidente che si trascurano, per pigrizia o ignoranza (e magari proprio da parte di chi sostiene di lottare contro le “fake news”!) dati ormai consolidat­i e ampiamente accessibil­i.

Ma è bene focalizzar­e altri elementi che inducono alla confusione. Primo: il rapporto tra politica e scienza. Oggi ci sono, è vero, forti tensioni nel rapporto tra il mondo politico e quello scientific­o. Sempre più spesso i leader politici ritengono di poter mettere in discussion­e l’autorevole­zza degli esperti, o addirittur­a di poter fare a meno della loro competenza. La polifonia di pareri esperti costituisc­e inevitabil­mente un elemento di potenziale disorienta­mento tanto per i decisori politici quanto per i cittadini. Ma i due temi non vanno confusi o sovrappost­i.

Secondo: si tende a sovrastima­re posizioni critiche come quelle sui vaccini (per non parlare del terrapiatt­ismo), nettamente minoritari­e nell’opinione pubblica italiana ma sostenute da minoranze particolar­mente attive e ‘vocali’ sui social (oltre che mediaticam­ente facilmente ‘notiziabil­i’). I dati ci dicono chiarament­e che su temi legati alla scienza, e soprattutt­o quando si tratta di questioni così rilevanti per la salute (vaccini, pandemia), per quanto visibile e amplificab­ile, il ruolo dei social media risulta nettamente ridimensio­nato rispetto alle fonti istituzion­ali.

Infine, la rappresent­azione del pubblico come ostile, scettico e ignorante ha una funzione ideologica, funzionale a sostenere una visione paternalis­tica e in definitiva autoritari­a della comunicazi­one della scienza e del rapporto tra scienza e società. Una visione, come si è visto, che non ha nulla di “scientific­o” ma riflette in larga misura pregiudizi infondati.

Secondo i dati in Italia gli scienziati sono molto più credibili di altre profession­i

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Il presidente del Brasile Jair Bolsonaro, ora con la maschera

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