“MA ALLA VOSTRA ETÀ CI VOGLIONO ANCHE LE BONE”. STOP
telegramma”, utilizzabili in caso di condoglianze (“Stretti nel dolore, vi siamo vicini in questo triste giorno”) oppure di felicitazioni per un matrimonio (“La felicità e la serenità di questo giorno non conoscano tramonto”).
Un po’ di storia
Il primo telegramma fu inviato il 24 maggio del 1844 da Washington a Baltimora da Samuel Morse, che aveva inventato un codice apposito. Il messaggio venne dettato al telegrafista che lo trasmise nel codice Morse; il telegrafista ricevente lo trascrisse e lo consegnò a chi di dovere. What hath God wrought! (Che cosa Dio ha creato!) scrisse Morse entusiasta, citando un passo della Bibbia. Solo pochi anni dopo, la posa di cavi sottomarini rese facile ogni comunicazione fra continenti e persino con le isole. In Italia, il primo telegrafo elettromagnetico a quadrante fu introdotto tra Pisa e Livorno già nel 1847 dal fisico Carlo Matteucci. Nel giugno del 1896 Guglielmo Marconi escogitò un sistema di telegrafia senza fili e nel 1901 inviò segnali attraverso l’Atlantico.
Certo, è difficile oggi, in tempi in cui il telegramma rappresenta solo una delle tante forme di comunicazione immediata e urgente, immaginarne la portata rivoluzionaria: la carica emotiva che accompagnava fino a pochi anni fa ogni consegna. Quando arrivava un telegramma, molte persone tremavano immaginando l’annuncio di una morte o di una sventura e c’era chi piangeva già prima di aprirlo. Soprattutto nel mondo delle relazioni politiche e diplomatiche, negli affari commerciali e nelle operazioni belliche il telegramma ebbe un impatto fortissimo.
Telegrammi famosi
Il messaggio politico più famoso della storia italiana fu inviato tramite telegramma. Lo scrisse Giuseppe Garibaldi al generale Alfonso La Marmora, che gli aveva intimato di fermare la sua avanzata e lasciare il Tirolo durante la terza guerra d’Indipendenza. Conteneva una sola parola (l’ideale per contenere i costi), ma capace di esprimere mille pensieri e uno spirito polemico: “Obbedisco”. Era il 1866 e in quei tempi operavano in Italia già 4.000 uffici postali. Certo, non sempre le cose filavano lisce e i telegrammi, qualche volta potevano arrivare nel momento sbagliato, come quello inviato dall’imperatore austriaco Francesco Giuseppe I a Vittorio Emanuele II, con gli auguri di pronta guarigione. Purtroppo il telegramma dell’imperatore arrivò il 9 gennaio 1878, poche ore dopo la morte del re d’Italia.
Uno scambio di telegrammi piuttosto divertente è quello tra Mussolini e il governatore della Libia Italo Balbo:
“Caro Balbo, ho notizia che intendi monumentare De Bono sulle dune. Non lo fare. Si presterebbe al ridicolo. Mussolini”. “Caro Duce. Ormai il bozzetto è pronto, ma prima di collocare il monumento sulle dune verrò a parlarti. Tuttavia, quanto alla serietà della cosa, penso possa passare. D’altra parte, qui a Tripoli abbiamo già la galleria De Bono, il lungomare De Bono, la via De Bono, il castel De Bono, la scuola De Bono, e perfino il nome De Bono a caratteri cubitali, sulla volta dell’orribile teatro Miramare. Monumentando il camerata si potrebbero sostituire gli altri nomi. Italo Balbo”.
“Caro Balbo. Il monumentabile De Bono non vuol saperne di essere monumentato. Dice che, fra l’altro, porta iella. Mussolini”. “Caro Duce. Proprio ieri ho rescisso il contratto con lo scultore. Ci rimarrà il bozzetto per l’avvenire... Saluti fascisti. Italo Balbo”.
Per fortuna “l’avvenire” ci ha risparmiato De Bono e il fascismo e in compenso ci ha regalato la stagione del grande cinema italiano del dopoguerra. C’è un aneddoto che riguarda la travolgente storia d’amore fra il regista del neorealismo Roberto Rossellini e l’attrice svedese Ingrid Bergman. All’epoca, Rossellini viveva con l’attrice Anna Magnani e voleva tenere nascosta la sua relazione clandestina. Pregò dunque il portiere del suo palazzo di non mettere nella cassetta della posta il telegramma in cui la Bergman avrebbe confermato il loro appuntamento a Parigi, ma di consegnarglielo personalmente quando era da solo. Il telegramma arrivò e il portiere diligente ebbe la malaugurata idea di salire a casa del regista per consegnarglielo personalmente. Suonò alla porta e, incurante della presenza di Anna Magnani, che aveva appena scolato gli spaghetti, disse: “Dottore, ecco il telegramma, non l’ho messo in casella, come mi ha detto lei, glielo do ora che è solo”. Fu così che la Magnani rovesciò tutta la zuppiera di pasta al sugo sulla testa di Rossellini. Poco tempo dopo, Rossellini e la Bergman si sposarono.
Erano gli anni Cinquanta e in Italia c’era un famoso regista e scrittore, autore di film neorealisti come Miracolo a Milano e Ladri di biciclette, Cesare Zavattini, che per i telegrammi aveva un’autentica passione. Ne scriveva tanti, con grande piacere.
“Tornasi parlare pena di morte che purtroppo non ancora tutti considerano prova stupidità presunzione umana assoluta mentre colpa est sempre relativa stop siamo tanto imbevuti aggressività che stavo per proporre pena morte per chi propone pena morte. Stop Z”.
Rimanendo nel mondo del cinema, un divertente scambio di telegrammi è, nel 1956, quello tra la divina Anna Magnani e Masolino d’Amico, figlio della famosa sceneggiatrice Suso Cecchi d’Amico. All’annuncio del Premio Oscar per Anna Magnani, Masolino, all’epoca liceale, inviò alla grande attrice un telegramma scherzoso che si concludeva con “Abbasso le bone!” L’attrice romana, che aveva subito capito che a inviare il telegramma era stato il figlio dell’amica Suso, rispose altrettanto scherzosamente: “Ma alla vostra età, ci vogliono anche le bone…” STOP.