L’ITALIA IN DIRETTA
Wenn der Staat am Hungertuch nagt, von Riccardo Iacona.
Seit Jahren wird die ÖFFENTLICHE VERWALTUNG in Italien kurz gehalten. Wie AUFGEBLÄHT, notorisch UNTERBESETZT und ohne jeglichen Mut zu
Entscheidungen die BÜROKRATIE dort ist, zeigt ein gestrandeter Wal.
La più grande azienda d’Italia, con tre milioni di dipendenti, è la Pubblica amministrazione, il cuore della macchina statale. Purtroppo si tratta di una macchina quasi senza conducenti. I tagli, pari a 22 miliardi di euro dal 2010 al 2017, e il blocco del turnover sono scoppiati come una bomba negli uffici pubblici, dai ministeri agli uffici dei Comuni, passando per Province e Regioni. Gli organici sono stati falcidiati: mancano all’appello centinaia di migliaia di lavoratori, altri 500.000 andranno in pensione nei prossimi tre anni e i dipendenti pubblici italiani, con un’età media di 53 anni, sono sempre più anziani, oltre che tra i meno formati d’Europa: il 25% è laureato, ma la maggioranza, il 52,9%, possiede solo il diploma di scuola superiore. I livelli di efficienza della Pubblica amministrazione si sono talmente abbassati che persino gli uffici pubblici adibiti alla riscossione delle imposte non ce la fanno, con punte di evasione delle tasse su immobili e immondizia che a Napoli raggiungono il 30 e il 40%. Tecnicamente, si tratta di un vero e proprio suicidio.
L’Italia sconta il mancato investimento nella digitalizzazione di tutto il sistema pubblico, l’assenza di banche dati nazionali, il mancato collegamento tra uffici diversi. Un esempio? I 552 centri per l’impiego, di competenza delle Regioni, da cui dovrebbe dipendere l’incontro fra domanda e offerta di lavoro, sono drammaticamente sotto organico, con poco meno di 8.000 operatori, in maggioranza scarsamente formati. Sono 50.000 in Francia, 110.000 in Germania, paesi dove le politiche attive sul lavoro sono un asset strategico delle amministrazioni pubbliche. Basta considerare la differenza di risorse investite: secondo le rilevazioni Eurostat, la Germania spende per ogni disoccupato 3.700 euro, la Francia 1.300 e l’Italia appena 100 euro. Non basta: molti centri per l’impiego sono sprovvisti di connessione, di siti Internet e i sistemi informatici operativi sono obsoleti. E ancora: le banche dati non dialogano tra loro, per cui se in Valle d’Aosta cercano un parrucchiere, la notizia non arriva ai centri per l’impiego di Napoli o di Roma. Infine: i centri per l’impiego non svolgono alcuna attività formativa e di ricollocamento delle centinaia di migliaia di lavoratori che dal 2008 hanno perso il posto, motivo principale per il quale sono nati. Non lo fanno perché non hanno i mezzi per farlo. Risultato: da noi la domanda e l’offerta non si incontrano. Non è
un caso, quindi, se in Italia l’87,3% dei disoccupati cerca lavoro ancora rivolgendosi a parenti, amici e conoscenti. L’inefficienza rischia di rendere inutili anche i provvedimenti economici del nuovo governo, come il reddito di cittadinanza. I 15 miliardi stanziati nella manovra economica per dare un reddito a chi non ce l’ha dovranno infatti transitare per i centri per l’impiego. Cosa succederà?
Sapete cosa sta bloccando ancora più in profondità la macchina dello stato? I dirigenti che non vogliono decidere, che hanno paura di assumersi la responsabilità, per non incorrere in controlli e sanzioni. Si chiama “ipertrofia normativa e legislativa” e in Italia ha raggiunto livelli di ingestibilità: da noi ci sono 110.000 leggi in vigore, tra nazionali e regionali, contro le 10.000 francesi, le 5.000 tedesche e le 3.000 del Regno Unito, paesi in cui si è fatto negli anni un lavoro di sintesi e semplificazione, eliminando le norme inutili e contraddittorie. Da noi no, tutte vigenti le 110.000 leggi! E infiniti sono gli enti pubblici competenti sulla stessa materia. Vi racconto una storia incredibile, che vale più di tanti testi teorici. Il 15 novembre 2017 sulle spiagge della Sardegna si è arenata una balenottera di 17 metri, già morta. Per decidere cosa farne, di chi fosse la competenza e come intervenire per rimuovere la carcassa ci sono voluti due mesi, mentre la balenottera è rimasta a decomporsi sulla spiaggia di Platamona, sotto gli occhi, e soprattutto sotto il naso, di tutti. Per ottenere questo misero risultato si sono mobilitati ben 14 enti pubblici, tra Comuni, uffici regionali, Asl, istituti zooprofilattici, fino al ministero dell’Ambiente. Per due mesi i 14 enti hanno fatto lo scaricabarile. Fino a quando un giornalista ha ricordato a tutti che a Sassari c’era la facoltà di Biologia marina che avrebbe potuto occuparsene. E così è stato: professori, studenti e ricercatori, in un giorno e mezzo, hanno rimosso praticamente gratis la carcassa e hanno recuperato per motivi di studio lo scheletro della balenottera. Per due mesi la burocrazia si è impantanata attorno alla balenottera venuta dal mare, quando sarebbe bastato fare la telefonata giusta e risolvere tutto in due giorni. Si chiama “burocrazia difensiva”, quella che per paura di sbagliare decide di non decidere.