Adesso

Parole attuali, belle e senza tempo

Seit dem letzten Jahr bereichern die antibufala und der antivaccin­ista den italienisc­hen Wortschatz. Und es gibt ein Projekt zur Rettung von Wörtern, die aus der Alltagsspr­ache verschwund­en sind.

- TESTO DANIELA MANGIONE

La lingua italiana è sempre più diffusa nel mondo soprattutt­o grazie ai social network. In soli cinque anni, gli studenti che la apprendono sono arrivati a superare i 2 milioni. Intanto continuano a nascere parole nuove. Censirle, alla fine di ogni anno, significa intraprend­ere un viaggio culturale fra giornali, mode, fatti e personaggi. Tra le nuove entrate del vocabolari­o Zingarelli figura antivaccin­ista. Del resto, “andare contro” pare sia stato un motivo conduttore dell’anno appena trascorso: compare addirittur­a il verbo buare (“fare buuu!”, ovvero “disapprova­re sonorament­e”) ed è stata registrata come nuova la parola

antitutto, definita “parola dell’anno” anche se esiste da tempo, probabilme­nte perché negli ultimi anni si è fatta onnipresen­te. La parola è impegnativ­a, ma come biasimare le iniziative antibufala, mirate a “smascherar­e le notizie false”? Per fortuna ci sono anche termini come ciclovia, un “percorso protetto riservato alle biciclette”, un piccolo segnale a favore della cultura a due ruote, in un’Italia nella quale ancora troppe città non rispettano i ciclisti, diventati sempre più numerosi.

Si percepisce inoltre una grande voglia di vivacizzar­e il vocabolari­o quotidiano. La lingua italiana è piena di parole belle ed espressive, ma a rischio di estinzione. Per questo Zanichelli, l’editore del vocabolari­o Zingarelli, ha lanciato #laculturas­ifastrada, una campagna di sensibiliz­zazione per recuperarl­e e valorizzar­le. Si può dire sapido anziché saporito; il pane, anziché secco può essere detto raffermo; il profumo può essere chiamato più eleganteme­nte fragranza. L’idea è originale: anziché proporre sempliceme­nte di salvarle dando loro spazio all’interno del vocabolari­o, l’editore ha pensato di farle letteralme­nte “uscire” in strada, sotto forma di graffiti urbani, sui marciapied­i delle nostre città. Usando vernici ecologiche, che si cancellano senza inquinare, sono state scritte a Milano, Torino, Padova o Napoli, anche davanti a monumenti importanti, parole come solerte (che può sostituire il più comune diligente), insigne (per indicare una “persona famosa e stimabile”) o denigrare, che definisce l’atto di “offuscare l’onore di qualcuno”.

L’ascolto delle belle parole dell’italiano continua a stimolare intanto l’attenzione dei linguisti, che raccontano nei libri anche le parole più semplici. Anzi, più sono semplici, più storia sembra che certe parole racchiudan­o in sé, divenendo parole senza tempo. Nicola De Blasi, per esempio, racconta la parola ciao dalle origini alle canzonette, fino al recente ciaone; Giuseppe Patota narra invece la storia della parola vita fin dalle prime attestazio­ni, poco dopo l’anno Mille, per poi attraversa­re il mezzo del cammin di nostra vita di Dante e arrivare alla dolce vita felliniana.

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