Marco Rovelli: una voce contro
Scrittore, documentarista, musicista, Marco Rovelli, classe 1969, si batte da anni contro le cave di marmo, colpevoli di rovinare la natura aspra e selvaggia delle Alpi Apuane. Nel suo blog, che pubblica sul giornale Il Fatto Quotidiano, scrive periodicamente pezzi polemici sulle multinazionali che operano nella sua città, Carrara.
Le cave ci sono sempre state, fin dai tempi degli antichi Romani. Cosa è cambiato oggi?
L’uso delle tecnologie ha cambiato radicalmente i metodi di escavazione. Quello che un tempo si scavava in un mese, oggi si scava in un giorno e questo ha un fortissimo impatto sull’ambiente, e la montagna è una risorsa che si esaurisce, non si rigenera. Le creste delle Alpi Apuane, che sono vere e proprie alpi rocciose, si sono abbassate anche di 50 metri, sono scomparse le vette, hanno voragini aperte. Basta guardare le foto del Monte Sagro scattate 30 anni fa e quelle di oggi: la differenza si vede a occhio nudo! Una fetta del monte oggi non c’è più, è come un panettone al quale hanno tagliato via una fetta. Le cave non sono più quelle che erano 30 anni fa e il loro fascino estetico è perverso, è faustiano. E tutto questo in nome del profitto di pochi.
Con quali finalità viene estratto il marmo?
Nel nostro immaginario il marmo viene estratto a lastre e in blocchi per poter realizzare statue di grande valore artistico, invece solo una percentuale irrisoria di marmo è destinato all’arte. C’è una grande multinazionale che fa il carbonato di calcio, un prodotto importante per tante lavorazioni industriali: dalla pasta dentifricia alla carta. A loro servono le scaglie della lavorazione e non lastre e blocchi e il metodo più economico per ottenerle è distruggere le montagne facendo esplodere il marmo.
Il Cai, il Club alpino italiano, chiede da tempo di creare un parco protetto per difendere le Alpi Apuane. Lei cosa propone?
Credo che bisognerebbe avere il coraggio di pensare a un piano di riconversione del territorio dal punto di vista industriale, di trasformare un distretto del marmo piano piano grazie a un progetto a lunga scadenza, di riconvertirlo da qui a 20-30 anni. Ma la classe politica non ha prospettive a lungo termine e le lobby del marmo sono molto potenti.