PASSAPAROLA
Italien und die drei K, von Renata Beltrami.
Keineswegs nur ein Gerücht, sondern vielmehr wissenschaftlich erwiesen ist die seit Jahrhunderten bestehende LIEBE DER DEUTSCHEN ZU ITALIEN. Wenn
da bloß nicht die Italiener wären.
riminell, korrupt, katholisch? Italiener im deutschen Vorurteil. Quando ho visto il titolo del libro di Klaus Bergdolt, speravo in un aggiornamento dei classici luoghi comuni che ci vedono protagonisti, condotto magari con un po’ di umorismo e qualche battuta di quelle che finiscono per celebrare l’antico amore-odio che ci lega, a suon di tarallucci e vino, o birra e wurstel. Invece no, da un’intervista pubblicata sul Venerdì, il magazine del quotidiano la Repubblica, risulta chiaro che si tratta di un serissimo e ponderoso studio basato su cinque secoli di viaggi nel Belpaese a sostegno di una tesi lapidaria: i tedeschi adorano l’Italia, ma la preferirebbero senza italiani. Ci amano, sono i primi tributari del nostro fatturato turistico, ma non ci ammirano e non ci hanno mai ammirato. Perfino Goethe, che trascorse gli anni più felici nel “paese dove fioriscono i limoni”, non si fidava dei suoi abitanti. E colpisce il fatto che i pregiudizi siano espressi dai viaggiatori, sottolinea l’intervistatore Raffaele Oriani: è come dire che chi ci conosce ci evita. “Per capire la diffidenza verso l’Europa mediterranea bisogna tenere presente che, da Lutero fino a tutto l’Ottocento, la cultura tedesca è quasi tutta protestante e papato e cattolicesimo sono il male per definizione”, spiega l’autore, aggiungendo che un viaggiatore ottocentesco vedeva in noi superficialità, ipocrisia e teatro, in accordo con la pompa del cattolicesimo, che impediva la vera introspezione. Perfino l’arte veniva messa in discussione, dato che “la cultura tedesca predilige la parola, quella italiana l’immagine e a fine Ottocento gli italiani erano in maggioranza analfabeti”. Lo stesso Goethe, assistendo a una messa in San Pietro, sentì risvegliarsi in sé il peccato originale di ogni protestante e non riusciva a prendere sul serio la religiosità cattolica, considerando gli italiani inclini alla pigrizia e all’inganno.
Il pregiudizio individuato da Bergdolt giunge al punto da far ipotizzare che la cultura italiana arrivi al suo apice solo nell’interpretazione tedesca: ancora nel Novecento, lo storico dell’arte Wilhelm Waetzoldt sosteneva che l’arte italiana poteva essere compresa appieno solo dai non italiani. Qualche traccia di questo atteggiamento rimane ancora ai nostri giorni. L’autore individua nel suo popolo la tendenza ad assolutizzare la propria morale soggettiva e a mettersi con difficoltà nei panni altrui. Basterebbe un po’ più di empatia per capirci meglio, o è proprio una questione di gusti? Anni fa, la Bild ha scritto di Mario Draghi che il suo popolo considera l’inflazione come il sugo sulla pasta. Cosa voleva dire? Per qualcuno più ce n’è, meglio è, per altri ne basta la quantità necessaria. E poi c’è sugo e sugo e c’è pasta e pasta, voi cosa dite? Mandatemi qualche spunto nuovo e carino sul tema Italia- Germania, tipo quello dei camion per la nettezza urbana di Berlino….
Mülle Grazie!