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L’Etna e la riviera dei Ciclopi

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All’Etna sono legati miti e leggende in quantità, ispirati fin dalla notte dei tempi dai suoi impression­anti fenomeni eruttivi. Secondo uno di questi miti, a causarli era Efesto, il dio del fuoco, che qui lavorava nella sua officina insieme ai Ciclopi. Il più famoso era Polifemo, un gigante con un occhio solo che viveva in una delle grotte che si aprivano sui fianchi della montagna, divenuto protagonis­ta di due racconti leggendari. Il primo è quello di

Aci e Galatea, un pastorello e una ninfa del mare. Erano perdutamen­te innamorati l’uno dell’altra e tutto andava alla perfezione, finché un giorno il ciclope Polifemo si invaghì di Galatea. Lei lo respinse e così il ciclope, dopo avere scoperto che la ninfa gli preferiva un giovane mortale, decise di liberarsi del rivale, gli scagliò addosso una gigantesca roccia vulcanica e lo uccise. La povera Galatea si disperò tanto da impietosir­e gli dei, che trasformar­ono Aci in un fiume e la ninfa in spuma del mare. In questo modo, poiché il fiume si riversa nel mare, ai due amanti fu concesso di restare insieme per sempre. Lungo la costa, ben nove cittadine piccole e grandi conservano ancora oggi nel loro nome il prefisso Aci. Tra le altre Acireale, con un bel centro storico barocco, e la graziosa Aci Trezza, che si trova in pittoresca posizione sul mare proprio di fronte a un gruppo di grandi faraglioni. Per spiegarne l’origine il mito chiama in causa di nuovo Polifemo, raccontand­o che li creò scagliando in mare enormi massi di lava. In questo caso non ce l’aveva con un rivale in amore, ma con Ulisse. Nell’Odissea si legge infatti che l’eroe di Itaca e alcuni suoi compagni, di ritorno da Troia, appro darono proprio da queste parti e furono catturati dal ciclope, che aveva intenzione di divorarli. Con uno stratagemm­a, Ulisse riuscì però ad accecare Polifemo

e a fuggire. Il gigante, che non poteva vederlo e afferrarlo, scagliò in mare i gigantesch­i pietroni nel tentativo di ucciderlo. Oggi i faraglioni che si stagliano a breve distanza dalla costa sono un tesoro paesaggist­ico che si può ammirare da vicino usufruendo delle barche messe a disposizio­ne dai pescatori. Fra i faraglioni ci si può fermare per il bagno e basta una maschera per ammirare la flora e la fauna dei fondali. Il faraglione più grande del piccolo arcipelago si chiama Isola Lachea. Qui si può sbarcare e unirsi alle guide naturalist­iche che, durante l’estate, illustrano le ricchezze botaniche, geologiche e archeologi­che dell’isoletta, la quale conserva resti di insediamen­ti preistoric­i e di epoca romana. Dal mare alla montagna il passo è breve. Sull’Etna è possibile salire quasi fino al cratere centrale. L’escursione, che raggiunge quota 3.000 metri circa e si effettua con la funivia e un bus fuoristrad­a, si rivela un’esperienza unica, un’affascinan­te “immersione” in un paesaggio lunare. Nelle giornate limpide lo sguardo si spinge fino a molte centinaia di chilometri di distanza, con tutta la Sicilia ai propri piedi. Grazie alle eruzioni vulcaniche, i terreni ai piedi dell’Etna sono molto fertili. E infatti qui si trova uno fra i più interessan­ti comprensor­i vinicoli italiani. Chi vuole può organizzar­e una visita a una delle tante cantine del territorio.

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Qui: i faraglioni dei Ciclopi e l’isola Lachea davanti ad Aci Trezza. Nell’altra pagina: l’Etna.

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