A TAVOLA CON LEONARDO
Küchenutensilien, Rezepte und Festbankette bei Hofe.
Als Food Designer, Event Manager, Koch, Architekt für Küchengestaltung, Erfinder von Küchenutensilien war er eher weniger bekannt – dabei sind seine
Ideen, Projekte und Rezepte immer noch aktuell!
Tutti conosciamo Leonardo da Vinci come scienziato, inventore, pittore, ma pochi sanno che era anche un grande appassionato di cucina. Ciò non significa che amasse mangiare, ma cucinare, studiare gli alimenti e ideare attrezzi che rendessero più facile il lavoro anche in questo campo gli piaceva indubbiamente tantissimo. Sul suo rapporto con la cucina si è scritto e detto molto, e alcuni storici si sono spinti addirittura a sostenere che fosse vegetariano. In realtà, sembra che Leonardo non disdegnasse carne e pesce, come risulta da diverse liste della spesa scritte di suo pugno. A farlo credere vegetariano ha contribuito probabilmente una falsa citazione che gli è stata attribuita, nella quale si legge: “Fin dalla tenera età ho rifiutato di mangiar carne e verrà il giorno in cui gli uomini come me guarderanno all’uccisione degli animali nello stesso modo in cui si guarda all’uccisione degli uomini”. Questa affermazione non compare in nessuno dei suoi scritti e si può leggere solo in un libro pubblicato nel 1900 dallo scrittore russo Dmitrij Sergeevič Merežkovskij (1865-1941), uscito in edizione italiana con il titolo di Leonardo da Vinci (Giunti, 2005).
Vegetariano o no, di certo si sa che Leonardo fu un innovatore, precursore e sperimentatore anche in cucina. Il periodo più fecondo da questo punto di vista fu quello di Milano, dove Leonardo giunse tra la primavera e l’estate del 1482 con una lettera di presentazione per Ludovico il Moro scritta da lui stesso: “Io non ho rivali nel costruire ponti, fortificazioni e catapulte; e anche altri segreti arnesi che non ardisco descrivere su questa pagina. La mia pittura e la mia scultura reggono il confronto con quelle di qualunque altro artista. Eccello nel formulare indovinelli e nell’inventare nodi. E faccio delle torte che non hanno eguali”. Oltre agli studi di meccanica e idraulica, che lo portarono a realizzare il sistema di navigazione dei Navigli; oltre alla pittura, di cui fornisce testimonianza il Cenacolo nella chiesa di Santa Maria delle Grazie, per una ventina d’anni Leonardo rivestì il ruolo di Gran Maestro di feste e banchetti alla corte degli Sforza, ideando giochi di luci, macchine e scenografie per illustrare i temi, solitamente mitologici, a cui si ispiravano le feste. Nel 1489, in occasione del matrimonio del duca Giovanni Galeazzo Maria Sforza con Isabella d’Aragona, ideò uno spettacolo che includeva
la rappresentazione del cielo e dei pianeti rotanti. Al passaggio della coppia, i pianeti si aprivano e da ciascuno uscivano figuranti vestiti da divinità. Leonardo si occupava anche della decorazione dei banchetti, riproducendo opere d’arte con il marzapane e intagliando frutta e verdura. Ludovico Sforza gli chiese pure di rivedere l’assetto delle cucine nel Castello Sforzesco. Negli appunti di Leonardo possiamo ricostruire quale fosse a suo parere l’equipaggiamento ideale: un fuoco sempre acceso, una riserva continua d’acqua bollente, un pavimento sempre pulito e musica, perché la gente lavora meglio ed è più felice quando c’è la musica. Ovviamente non mancano le macchine che hanno il compito di
rendere più agevole il lavoro di cuochi e garzoni: nel Codice Atlantico si possono ammirare i bozzetti di un macinapepe ispirato al faro della Spezia e di un affettauovo che si muove “a vento”. C’è anche un antenato del girarrosto: un arrostitore automatico con eliche che, girando grazie al calore della fiamma, azionano gli ingranaggi che fanno muovere lo spiedo. Al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano, se ne può vedere un modellino funzionante. Tra gli altri apparecchi da cucina che Leonardo avrebbe voluto costruire alcuni sono davvero bizzarri, come quello per spennare le papere e quello per tagliare il maiale a cubetti. Inoltre Leonardo non si occupò solo di macchine e utensili, ma studiò le materie prime con la stessa attenzione dedicata all’anatomia e all’idraulica, scoprendone le proprietà e quindi i modi migliori per cucinarle. Scrisse tra l’altro varie ricette, anche se purtroppo se n’è conservata una sola, quella dell’Acquarosa (vedi box a pag. 34), contenuta nel Codice Atlantico. Leonardo conosceva bene le erbe e le spezie, che usava nella preparazione dei colori per dipingere e nei suoi piatti: curcuma, aloe, zafferano, fiori di papavero, olio di lino sono solo alcuni esempi. Proprietario di una vigna a Milano, ricevuta in dono nel 1499 da Ludovico il Moro, dopo aver dipinto l’Ultima Cena scrisse una lettera al contadino che se ne occupava, spiegandogli come migliorare la produzione di vino. Prese appunti tra l’altro sulle cime di rapa e sui cavoli, utili alla digestione, e sul cetriolo, che “può essere mangiato crudo (ma senza buccia e semi), e anche stufato, eppure ci sono ancora persone che lo impiegano solamente come decorazione, creando varie figure scolpite”.
Molte di queste annotazioni sui cibi e sulla cucina in generale si trovano nel Codice Romanoff, che ha una storia piuttosto “complicata”. Ne esiste solo una copia, ritrovata nel 1865 all’Ermitage di San Pietroburgo e trascritta a mano da un tale Pasquale Pisapia. I responsabili del museo, però, hanno sempre negato di possedere l’originale e gli storici dibattono ancora oggi sull’affidabilità delle notizie relative al ritrovamento del codice. Sempre secondo questa fonte, Leonardo sarebbe il precursore della Nouvelle cuisine. Nel 1478, infatti, quando viveva ancora a Firenze, pare che con Sandro Botticelli avesse aperto in centro una locanda, Le tre rane, nella quale venivano servite miniporzioni, per esempio una fetta tonda di pane con fettine di salsiccia bianca e foglie di basilico. Il locale non riscosse successo perché la gente era abituata a piatti più abbondanti, elaborati e sostanziosi, ma Leonardo non si scoraggiò e tentò di nuovo la strada della cucina semplice una volta arrivato a Milano. Per una delle tante feste organizzate dagli Sforza, propose un menu particolare: ogni ospite avrebbe avuto un solo piatto contenente un involtino d’acciuga in cima a una rondella di rapa, scolpita a mo’ di rana, un’altra acciuga avvolta attorno a un broccolo, una carota intagliata, un cuore di carciofo… Niente da fare, Ludovico Sforza bocciò immediatamente il menu, ritenendolo non adatto all’occasione. Non c’è ragione di meravigliarsene, perché i banchetti degli Sforza erano ben altro! Per farsene un’idea, basta pensare che, in quella circostanza, ordinò di acquistare 600 salsicce di cervello di maiale da Bologna, 300 zamponi da Modena, 1.200 tortini tondi da Ferrara, 200 vitelli, capponi e anatre, 2.000 ostriche di Venezia… Insomma, Leonardo era un genio sì, ma incompreso in cucina.
Chiudiamo con una domanda che Leonardo un giorno fece a se stesso: “E se mettessi la carne fra due fette di pane? Ma come posso chiamare questo piatto?” Come gli rispondereste?