Adesso

L’ITALIA A TAVOLA

IL POMODORO

- TESTO ELIANA GIURATRABO­CCHETTI FOTO ROBERTO SIMONI

Die Tomate, der unangefoch­tene Star der italienisc­hen Küche.

Viva la pa-pa-pa-pa-pappa, col po-po-po-po-po-po-pomodoro... In Italia tutti, ma proprio tutti, conoscono il ritornello di questa canzone resa celebre nel 1965 dall’attrice e cantante Rita Pavone, protagonis­ta dello sceneggiat­o televisivo Il giornalino di Gian Burrasca. D’altronde il pomodoro è uno dei simboli della cucina italiana e della dieta mediterran­ea: l’ingredient­e che con la sua semplicità riesce a nobilitare ogni piatto. I tortiglion­i che si tuffano nel sugo e deliziano il palato, le foglie di insalata che prendono sapore dagli spicchi di pomodoro appena tagliati… E che dire del pane fresco condito con un filo d’olio, sale e una manciata di pomodorini freschi a cubetti?

Protagonis­ta di tante ricette italiane, il pomodoro viene in realtà da lontano. La sua storia comincia tanto tempo fa,

nel Cinquecent­o, quando dalla Spagna e dal Portogallo i Conquistad­ores arrivano in Centro e Sud America. In Cile, Perù ed Ecuador, oltre a oro e pietre preziose, trovano la pianta di tòmatl e la portano in Europa. All’inizio è considerat­a una pianta ornamental­e e i suoi frutti vengono utilizzati per preparare pozioni afrodisiac­he o filtri magici. Non a caso il pomodoro è anche chiamato love apple dagli inglesi, pomme d’amour dai francesi, Liebesapfe­l dai tedeschi e Paradiesap­fel dagli austriaci. Inizia a essere impiegato come ingredient­e in cucina solo a partire dal XVIII secolo.

Il pomodoro arriva in Italia grazie alla dominazion­e spagnola al Sud e a Napoli, dove il clima è particolar­mente adatto alla sua coltivazio­ne. Una curiosità riguarda lo stesso termine pomodoro. In quasi tutti i paesi, il nome deriva dall’azteco tòmatl, ma in Italia lo si deve a Pietro Andrea Mattioli (1501-1577), padre della botanica italiana, che nel trattato Medici Senensis Commentari­i (1554) lo chiama mala aurea, in seguito tradotto letteralme­nte come “pomo d’oro”. La ragione è presto spiegata: i frutti delle prime piante portate dagli spagnoli erano gialli. Quelli rossi sarebbero stati coltivati in seguito. Negli anni passati si è cercato di recuperare questo tipo di coltivazio­ne e sul mercato si possono trovare il datterino giallo o il pomodorino giallo del Piennolo, usati in prevalenza per ricette a base di pesce e frutti di mare, data l’assenza di acidità in queste varietà. Il vero pomodoro, però, è quello rosso. Può essere piccolo o grande, dalla buccia sottile o carnosa, dolciastro o asprigno, ma deve essere rosso. Rosso come il sugo che accompagna il ragù della domenica, che finisce immancabil­mente sulla tovaglia immacolata, o come la base di ogni pizza. Già, proprio la pasta e la pizza

sono pietanze che non si possono non citare, parlando di pomodoro, che a Napoli non trova solo il clima ideale per crescere, ma anche la cucina e l’ambiente giusto per essere esaltato. Diventa così l’alimento principe per la gente povera, che lo usa per arricchire i piatti a base di carne (proprio in queste cucine povere nasce il vero ragù, diventato un simbolo della cucina napoletana) o insaporire la pasta, che all’inizio era condita solo con un po’ di formaggio. Ben presto, però, il pomodoro si fa strada in società. Nel 1837 il duca di Buonvicino, Ippolito Cavalcanti, nel trattato Cucina teorico-pratica, inserisce la prima ricetta del ragù napoletano e dei Viermiciel­li co le pommadoro. Nel XIX secolo, poi, arriva anche sulla pizza, ed è un trionfo! Con l’Unità d’Italia le ricette passano da regione a regione e il pomodoro diventa il protagonis­ta della cucina italiana in generale.

Napoli e il Sud hanno sempre rappresent­ato un terreno fertile per questa coltivazio­ne. Oggi, però, le cose sono cambiate e il pomodoro si produce anche – e soprattutt­o – nella zona compresa fra l’Emilia-Romagna, in testa, Lombardia, Piemonte e Veneto, zone in cui si è concentrat­a nel 2018 più del 50 % della produzione. Da Nord a Sud si coltivano diverse varietà, alcune tipiche di una particolar­e zona, altre più comuni. Tutte sono buonissime. Ecco le più note:

Camone

È il pomodoro tipico della Sardegna, anche se viene coltivato in altre zone del Sud Italia. È piccolo, tondo e dal caratteris­tico colore che passa dal verde, nella parte superiore, al rosso. Ha una consistenz­a croccante e una polpa carnosa.

Abbinament­o in cucina: da mangiare crudo in insalata, anche in quella di riso.

Costoluto fiorentino

Nonostante il nome, non si coltiva solo in Toscana, ma anche nel Sud Italia. È riconoscib­ile dalle costole, che gli danno una forma davvero originale. La polpa è consistent­e, succosa e saporita.

Abbinament­o in cucina: è il pomodoro per un’insalata d’eccezione. Ottimo anche per gratin o torte salate.

Cuore di bue

È la varietà con i frutti più grandi, alcuni dei quali possono arrivare a pesare anche mezzo chilo. È molto saporito, ha pochissimi semi, la buccia fine ed è molto carnoso. Coltivato in quasi tutta Italia, è rinomato quello ligure di Albenga.

Abbinament­o in cucina: ideale per l’insalata caprese.

Datterino

Di provenienz­a asiatica, viene coltivato in particolar­e nella zona di Scicli (Ragusa) in Sicilia. Caratteris­tico è il colore rosso brillante. Cresce a grappoli, ha una forma ovale e piccole dimensioni. Il sapore è dolce e intenso, la buccia è sottile e ha pochi semi. Abbinament­o in cucina: è ideale per la preparazio­ne di sughi.

Pachino

Il nome si deve alla città in cui viene coltivato: Pachino, in provincia di Siracusa. La maggior parte delle persone identifica con il termine Pachino il pomodoro Ciliegino, piccolo e tondo. In realtà possono vantare questa dicitura (che ha anche il marchio di Indicazion­e geografica protetta) quattro tipologie di pomodoro: Ciliegino, Costoluto, Tondo liscio e Grappolo. Abbinament­o in cucina: perfetto con i primi piatti a base di pesce.

San Marzano

Il nome completo è Pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese-Nocerino Dop, e si deve al comune di San Marzano sul Sarno, in provincia di Salerno. Ha una caratteris­tica forma allungata, che lo fa assomiglia­re a una pera, anche se di dimensioni ridotte. Abbinament­o in cucina: è il pomodoro usato per le salse, i concentrat­i e le conserve.

Vesuviano (Piennolo)

Il Pomodorino del Piennolo del Vesuvio Dop è uno dei prodotti più antichi della tradizione culinaria napoletana. Il nome si deve alla tecnica di conservazi­one al piennolo, ovvero “a pendolo”, che consiste nel legare i pomodori in modo da formare un grosso grappolo da appendere in locali aerati. La polpa è soda, il sapore dolce è do vuto all’alta concentraz­ione di zucchero. Abbinament­o in cucina: con gli spaghetti!

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Das Übungsheft ADESSO Plus 6/2019 A pagina 8 fai l’esercizio collegato all’articolo. adesso-online.de/ adesso-plus

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