IL BARBIERE DI SIVIGLIA
Mit dem Barbier von Sevilla schuf Rossini eine Oper voller Lebensfreude und Zauber. Kein Wunder, war doch Rossini selbst Genussmensch, für den das Leben eine Opera buffa in vier Akten war: Essen und Lieben, Singen und Verdauen.
UN’OPERA BUFFA COME LA VITA
È la sera del 20 febbraio 1816. Quando al Teatro Argentina cala il sipario, in sala risuonano i fischi e i buuu del pubblico. La rappresentazione dell’opera Almaviva, o sia, L’inutile precauzione, è un fiasco clamoroso e il ventiquattrenne Gioachino Rossini, nonostante l’amarezza e la delusione cocente, non ne è sorpreso. In qualche modo se l’aspettava. Perché mai? Almaviva, o sia, L’inutile precauzione altro non è che Il barbiere di Siviglia, a cui Rossini, d’accordo con l’impresario del Teatro Argentina di Roma, il duca Francesco Sforza Cesarini, ha cambiato titolo. Un’inutile precauzione, appunto, visto che l’intenzione era quella di evitare quello che poi è successo comunque: il boicottaggio da parte dei sostenitori di Giovanni Paisiello (1740-1816), all’epo ca considerato tra i maggiori compositori contemporanei, nonché autore del primo e celeberrimo Barbiere di Siviglia, tratto dalla commedia di Beaumarchais. Nel Settecento, come nell’Ottocento, il teatro era una delle principali attività ricreative, i compositori erano venerati come rockstar e il pubblico si divideva tra questo e quel “maestro”. Per i “fan” di Paisiello, la messa in scena del Barbiere da parte di un “ragazzino” era un vero e proprio affronto al loro idolo. Rossini, però, non aveva colpe. L’idea era stata dell’impresario, che voleva un’opera buffa per le celebrazioni del Carnevale. Alla seconda rappresentazione, quando tutti sul palco si aspettavano i fischi della sera prima, ecco il teatro riempirsi di applausi. La musica del giovane pesarese, con la sua forza, era riuscita a stregare e convincere il pubblico. In una situazione che avrebbe destabilizzato
emotivamente chiunque, Rossini pare avere altri pensieri. In una lettera alla sua amica, la cantante spagnola Isabella Angelica Colbran (1784-1845), che pochi anni dopo diventerà la sua prima moglie, scrive: “Ciò che mi interessa ben altrimenti la musica, cara Angelina, è la scoperta che ho fatto di una nuova insalata, della quale mi affretto ad inviarvi la ricetta… (vedi box)”. “Mangiare e amare, cantare e digerire: questi sono i quattro atti di quest’opera buffa che si chiama vita…” Questa fame e sete di vita sembrano essere il segreto del successo della musica di Rossini. Il suo diverrà il Barbiere per eccellenza, una delle opere liriche più rappresentate e di maggior successo di sempre.
LA TRAMA
La bella e ricca Rosina vive a Siviglia, in casa del suo tutore don Bartolo, che ne amministra i beni. Il conte di Almaviva si innamora perdutamente di lei ed è disposto a fare qualunque cosa per averla. Nel tentativo di avvicinarla senza destare i sospetti dell’avido don Bartolo, si traveste e finge di essere il mite Lindoro, ma il tutore, tutt’altro che sprovveduto, si accorge che Lindoro non è altri che il conte sotto mentite spoglie. Per paura di perdere Rosina, ma soprattutto il suo ingente patrimonio, don Bortolo la chiede in sposa, ma Rosina rifiuta. Su suggerimento dell’amico don Basilio, per sminuire il conte, don Bartolo ricorre persino alla calunnia. Nel frattempo, il conte di Almaviva chiede aiuto a una sua vecchia conoscenza, il barbiere Figaro, che è anche il factotum in casa di don Bortolo. Con l’aiuto di Figaro e usando il travestimento e l’inganno, il conte finirà per farla a don Bortolo e a sposare l’amata Rosina.
EHI FIGARO!
Insieme alla famiglia di Almaviva, è Figaro, il barbiere di Siviglia, il protagonista assoluto di questa come di altre due commedie scritte tra il 1773 e il 1790 da Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais. Le barbier de Séville ou La précaution inutile, Le mariage de Figaro (Le nozze di Figaro)
e L’autre Tartuffe ou La mère coupable (La madre colpevole) formano una trilogia che conobbe una straordinaria fortuna, attirando l’attenzione di alcuni dei più talentuosi musicisti. Basta pensare che il tarantino Giovanni Paisiello mise in scena nel 1782 a San Pietroburgo Il barbiere di Siviglia e nel 1786 il salisburghese Wolfgang Amadeus Mozart presentò a Vienna Le nozze di Figaro. Il grande successo del personaggio di Figaro, che rappresenta l’uomo nuovo del suo tempo, è dovuto certamente alla sua attualità. Non è più il servo astuto della Commedia dell’arte (anche se, per certi versi, ne conserva alcuni tratti), bensì una figura dal carattere complesso, animata da sentimenti a volte contraddittori, ma caratterizzati da una chiara volontà di autodeterminazione. Figaro non “serve”, offre i suoi servigi. È richiesto, richiestissimo, e si offre al miglior offerente o a chi più gli aggrada. È libero. La sua figura incarna le pulsioni, gli interessi, le istanze della nuova borghesia contro l’autoritarismo reazionario dell’Ancien régime rappresentato da don Bartolo. Istanze che pochi anni dopo l’ex barbiere, entrato a servizio del conte, metterà in chiaro con lo stesso Almaviva, almeno nelle intenzioni. Nell’opera Le nozze di Figaro il conte, annoiato della sua sposa Rosina, pretende infatti di esercitare lo ius primae noctis con Susanna, la futura sposa di Figaro. Nel monologo della scena III del quinto atto Figaro dice: “No, signor Conte, voi non l’avrete… voi non l’avrete (Susanna). Perché siete un gran signore, vi
credete un gran genio!… Nobiltà, fortuna, rango, cariche, tutto questo rende così fieri! Che avete fatto per meritare tutto questo? Vi siete dato pena di nascere e niente più. Per il resto siete un uomo abbastanza comune; mentre io, perbacco! Sperduto in mezzo alla folla oscura, ho dovuto impiegare più scienza e calcoli, soltanto per sopravvivere, di quanti non ne siano stati adoperati, da cento anni a questa parte, per governare tutte le Spagne”. Gli esiti di questo confronto condurranno, poco più di 10 anni dopo, alla Rivoluzione francese.
“LA CALUNNIA
È UN VENTICELLO…”
Canta così don Basilio, quando spiega a don Bartolo quanto possa essere facile rovinare la reputazione del rivale, il conte di Almaviva. Sono passati due secoli e la maldicenza e la calunnia sono ancora le armi più letali che si possano usare contro qualcuno. Di carriere finite e vite letteralmente distrutte da un venticello, diventato un uragano di maldicenza, sono piene le cronache. Soprattutto oggi, in un tempo in cui grazie ai social media, le calunnie si diffondono alla velocità della luce e raggiungono in pochissimo tempo milioni di persone in tutto il mondo. Le vittime? Attori, industriali, politici, ma anche gente comune che, travolta dal fango, è arrivata persino a togliersi la vita. Un fenomeno così allarmante da provocare l’intervento durissimo di papa Francesco: “Chi semina chiacchiere è un terrorista. Butta una bomba e poi scappa. La bomba poi distrugge. La stessa cosa sono le chiacchiere”.
LARGO AL FACTOTUM DELLA CITTÀ
La cavatina è l’aria con la quale i vari personaggi si presentano al pubblico. Quella intonata da Figaro nel Barbiere di Siviglia è senza ombra di dubbio la più famosa, conosciuta anche da chi non si intende di lirica. Per i baritoni che la affrontano è una vera sfida. Il testo infatti è un piccolo scioglilingua: provare per credere.