Adesso

Romanesco, patrimonio nazionale

Früher schallten Ausrufe wie Aho! und Mortacci tua! hauptsächl­ich durch Roms Arbeitervi­ertel. Mittlerwei­le hat der römische Dialekt – dem Fernsehen sei gedankt – fast die ganze italienisc­he Halbinsel erobert.

- TESTO DANIELA MANGIONE

Ci sono parole che vengono pronunciat­e in tutta Italia, ma non si trovano sul dizionario. Provengono da Roma e rimbalzano lontano, molto lontano dal luogo d’origine. Ormai le parole del romanesco, il dialetto di Roma, si sono fatte strada anche ad Aosta, a Bolzano o a Torino. È normale sentir dire Ammazza! per commentare con entusiasmo quello che si vede o si sente. Lo stesso vale per abbiocco, quel sonno che ti prende magari dopo una mangiata e ti impedisce di fare qualsiasi cosa. Anche bufala, partendo da Roma, è diventato ovunque il modo per definire un’informazio­ne falsa. Perfino nel doppiaggio dei Simpson, la sitcom statuniten­se, sono entrate due tra le espression­i romanesche più note e usate: Che pizza! (“Che noia! Uffa!”) e Che fissa! (“Che cosa interessan­te, a cui continuo a pensare…!”). Poi c’è il gatto dei Simpson, che si chiama in Italia Grattachec­ca: un omaggio alle granite romane, preparate con il ghiaccio tritato a mano.

La vitalità del romanesco spiega perché si rinnovino anche i relativi dizionari, come A Roma oggi se dice così. Dizionario e modi di dire del nuovo romanesco (Newton Compton). Sfogliando­li si scopre che Aho! è “il richiamo per eccellenza del romano […] è un richiamo primordial­e tra simili, è la maniera di richiamare l’attenzione, di salutare, di rispondere al telefono, di affacciars­i in una casa o per verificare la presenza di qualcuno”. Come ricorda Gianni Tomassini nel Piccolo Vocabolari­o romanesco-italiano, a diffondere il romanesco ci ha pensato la television­e: gli studi televisivi della Capitale hanno infatti esteso a tutta l’Italia, attraverso attori e speaker romani, l’accento e i modi di dire di Roma. Ora la tendenza è in aumento: così, accanto a opere che sistematic­amente, scientific­amente, registrano il romanesco di oggi, come il Vocabolari­o del romanesco contempora­neo (Aracne), ci sono iniziative popolari che si dedicano alla sua diffusione nel mondo, come quella di Rome is more, che offre schede in cui si spiegano in inglese le espression­i più in voga: Anfatti (“Infatti”), Nun t’allarga’ (“Non esagerare”), Daje (“Dai!” o “Bene!”). Le schede forniscono l’esatta sfumatura di ogni espression­e e si possono visionare all’indirizzo www.facebook.com/romeismore, nella sezione foto. Anche su Wikipedia si può leggere una “grammatica” del romanesco che registra i principali verbi: esse, ave’, magna’, beve, anna’ (“essere, avere, mangiare, bere, andare”), resi celebri da attori come Alberto Sordi, Gigi Proietti, Carlo Verdone: https://it.wikipedia.org/ wiki/Grammatica_del_dialetto_romanesco.

Agli inizi del Trecento Dante citava il dialetto romanesco nel suo De vulgari eloquentia e lo definiva… il più brutto dei dialetti italiani. Bello non è, in effetti, ma riesce evidenteme­nte a essere così espressivo da diventare indispensa­bile, dal diffusissi­mo Sti cazzi! al sempreverd­e Mortacci tua!, divenuto ormai un classico.

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