Romanesco, patrimonio nazionale
Früher schallten Ausrufe wie Aho! und Mortacci tua! hauptsächlich durch Roms Arbeiterviertel. Mittlerweile hat der römische Dialekt – dem Fernsehen sei gedankt – fast die ganze italienische Halbinsel erobert.
Ci sono parole che vengono pronunciate in tutta Italia, ma non si trovano sul dizionario. Provengono da Roma e rimbalzano lontano, molto lontano dal luogo d’origine. Ormai le parole del romanesco, il dialetto di Roma, si sono fatte strada anche ad Aosta, a Bolzano o a Torino. È normale sentir dire Ammazza! per commentare con entusiasmo quello che si vede o si sente. Lo stesso vale per abbiocco, quel sonno che ti prende magari dopo una mangiata e ti impedisce di fare qualsiasi cosa. Anche bufala, partendo da Roma, è diventato ovunque il modo per definire un’informazione falsa. Perfino nel doppiaggio dei Simpson, la sitcom statunitense, sono entrate due tra le espressioni romanesche più note e usate: Che pizza! (“Che noia! Uffa!”) e Che fissa! (“Che cosa interessante, a cui continuo a pensare…!”). Poi c’è il gatto dei Simpson, che si chiama in Italia Grattachecca: un omaggio alle granite romane, preparate con il ghiaccio tritato a mano.
La vitalità del romanesco spiega perché si rinnovino anche i relativi dizionari, come A Roma oggi se dice così. Dizionario e modi di dire del nuovo romanesco (Newton Compton). Sfogliandoli si scopre che Aho! è “il richiamo per eccellenza del romano […] è un richiamo primordiale tra simili, è la maniera di richiamare l’attenzione, di salutare, di rispondere al telefono, di affacciarsi in una casa o per verificare la presenza di qualcuno”. Come ricorda Gianni Tomassini nel Piccolo Vocabolario romanesco-italiano, a diffondere il romanesco ci ha pensato la televisione: gli studi televisivi della Capitale hanno infatti esteso a tutta l’Italia, attraverso attori e speaker romani, l’accento e i modi di dire di Roma. Ora la tendenza è in aumento: così, accanto a opere che sistematicamente, scientificamente, registrano il romanesco di oggi, come il Vocabolario del romanesco contemporaneo (Aracne), ci sono iniziative popolari che si dedicano alla sua diffusione nel mondo, come quella di Rome is more, che offre schede in cui si spiegano in inglese le espressioni più in voga: Anfatti (“Infatti”), Nun t’allarga’ (“Non esagerare”), Daje (“Dai!” o “Bene!”). Le schede forniscono l’esatta sfumatura di ogni espressione e si possono visionare all’indirizzo www.facebook.com/romeismore, nella sezione foto. Anche su Wikipedia si può leggere una “grammatica” del romanesco che registra i principali verbi: esse, ave’, magna’, beve, anna’ (“essere, avere, mangiare, bere, andare”), resi celebri da attori come Alberto Sordi, Gigi Proietti, Carlo Verdone: https://it.wikipedia.org/ wiki/Grammatica_del_dialetto_romanesco.
Agli inizi del Trecento Dante citava il dialetto romanesco nel suo De vulgari eloquentia e lo definiva… il più brutto dei dialetti italiani. Bello non è, in effetti, ma riesce evidentemente a essere così espressivo da diventare indispensabile, dal diffusissimo Sti cazzi! al sempreverde Mortacci tua!, divenuto ormai un classico.