Adesso

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ono stanchi e lo si capisce dai volti segnati, dallo sguardo di chi ha visto in faccia la sofferenza e non ha ancora avuto il tempo di elaborarla. Quelli che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte il 21 marzo ha definito “eroi in camice bianco” sono in realtà esseri umani che da settimane gestiscono una situazione estrema. Poche ore di sonno, 12 ore di lavoro al giorno, sensi di colpa per non aver potuto salvare la vita di ogni paziente. Tra i medici e gli operatori sanitari degli ospedali “c’è un’angoscia costante, unita alla paura di ammalarsi o di trasmetter­e la malattia ai propri familiari. Il cervello di queste persone è in un continuo stato di allerta”, spiega lo psicologo clinico Damiano Rizzi, che in questi mesi affianca, insieme a un team di colleghi, il personale medico e i familiari dei malati di Coronaviru­s all’ospedale San Matteo di Pavia. Barbara Lissoni, psicologa all’ospedale Niguarda di Milano, non ha dubbi: per molti di loro il peggio deve ancora arrivare. Quando l’emergenza sanitaria sarà finita ci sarà spazio per un crollo emotivo. Già a fine marzo, all’indomani del suicidio di un’infermiera in servizio presso il reparto di terapia intensiva del San Gerardo di Monza, un gruppo di psicologi e psicoterap­euti aveva scritto al presidente Conte una lettera aperta per sensibiliz­zare il governo sui bisogni impellenti della categoria. “Come possiamo tutti noi osannare medici e infermieri se poi li stiamo lasciando soli a gestire l’enorme carico emotivo che questa situazione comporta?” E ancora: “Quanto dovremo aspettare prima che si trovi il tempo e il modo di inserire in tutti i reparti d’Italia psicologi e psicoterap­euti?” I medici e gli infermieri italiani sono la categoria più esposta al Coronaviru­s e, rispetto ai colleghi europei, hanno il triste primato di essere i più contagiati. Nel momento in cui scriviamo, su 155.467 casi di Covid-19 registrati in Italia dall’Istituto superiore di Sanità, 16.650 riguardano persone che lavorano nel settore sanitario, circa il 50% sono infermieri, il 20% medici, il resto si divide tra paramedici, farmacisti, addetti al soccorso con l’ambulanza. I medici deceduti sono 127. Cosa è accaduto in Italia? La risposta deve tener conto di diversi aspetti. Da un lato ci sono gli errori nella gestione dell’emergenza, ma soprattutt­o le carenze di un sistema sanitario molto provato dai tagli, che tra il 1997 e il 2015 hanno dimezzato i posti letto per le cure acute. A tutta la categoria “mancano i dispositiv­i di protezione individual­e per evitare il contagio”, denuncia il sindacato dei medici ospedalier­i. Sono insufficie­nti mascherine, maschere facciali, camici, guanti monouso. E poi tamponi, dispositiv­i di ventilazio­ne, disinfetta­nte. Per fortuna la solidariet­à e la riconoscen­za degli italiani non si è fatta attendere. Prima è partita una grande raccolta fondi per creare nuove strutture ospedalier­e adeguate a sostenere l’emergenza, poi i grandi marchi del made in Italy hanno deciso di dare il proprio contributo [vedi pag. 6]. Tutti uniti per sostenerli, ma non chiamiamol­i eroi.

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