Adesso

IL LIBRO

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Pubblicato nel 1957, è uno dei romanzi più importanti di Alberto Moravia, quello che più di tutti si confronta con il tema della guerra e analizza le sue conseguenz­e sulla vita del popolo. Famoso in tutto il mondo anche grazie al film che ne trae Vittorio de Sica nel 1960, con Sofia Loren (che vince il Premio Oscar) e Jean Paul Belmondo, risale in parte al 1944. Moravia descrive i lunghi mesi vissuti da sfollato con la moglie Elsa Morante in una capanna della Ciociaria, la zona a sud del Lazio che corrispond­e grosso modo alla provincia di Frosinone. Dopo avere steso qualche decina di pagine, però, lo scrittore si blocca, perché ritiene la distanza dalle vicende di guerra non ancora sufficient­e. Tornato alla vita civile, nei 10 anni seguenti pubblica altri romanzi, molti articoli e arriva al successo, diventando uno degli intellettu­ali italiani più noti. Nel 1952 i suoi libri sono messi all’Indice dal Santo Uffizio, ma vince comunque il Premio Strega per il volume I racconti. La ciociara viene pubblicato infine nel 1957 e racconta il dramma di due donne, madre e figlia, inermi vittime della crudeltà e della confusione che la guerra porta tra la gente, nel contesto di una civiltà contadina arroccata nel nulla, come sotto assedio, in estenuante attesa.

I GRANDI CAPOLAVORI DELLA LETTERATUR­A ITALIANA

 ??  ?? Ah, i bei tempi di quando andai sposa e lasciai il mio paese per venire a Roma. La sapete la canzone: “Quando la ciociara si marita a chi tocca lo spago e a chi la ciocia”. Ma io diedi tutto a mio marito, spago e ciocia, perché era mio marito e anche perché mi portava a Roma ed ero contenta di andarci e non sapevo che proprio a Roma mi aspettava la disgrazia. Avevo la faccia tonda, gli occhi neri, grandi e fissi, i capelli neri che mi crescevano fin quasi sugli occhi, stretti in due trecce fitte fitte simili a corde. Avevo la bocca rossa come il corallo e quando ridevo mostravo due file di denti bianchi, regolari e stretti. Ero forte allora e sul cercine, in bilico sulla testa, ero capace di portare fino a mezzo quintale. Mio padre e mia madre erano contadini, si sa, però mi avevano fatto un corredo come ad una signora, trenta di tutto: trenta lenzuola, trenta federe, trenta fazzoletti, trenta camicie, trenta mutande. Tutta roba fine, di lino pesante filato e tessuto a mano, dalla mamma stessa, al suo telaio, e alcune lenzuola ci avevano anche la parte che si vede tutta ricamata con molti ricami tanto belli. Avevo anche i coralli, di quelli che valgono di più, rosso scuro…
Ah, i bei tempi di quando andai sposa e lasciai il mio paese per venire a Roma. La sapete la canzone: “Quando la ciociara si marita a chi tocca lo spago e a chi la ciocia”. Ma io diedi tutto a mio marito, spago e ciocia, perché era mio marito e anche perché mi portava a Roma ed ero contenta di andarci e non sapevo che proprio a Roma mi aspettava la disgrazia. Avevo la faccia tonda, gli occhi neri, grandi e fissi, i capelli neri che mi crescevano fin quasi sugli occhi, stretti in due trecce fitte fitte simili a corde. Avevo la bocca rossa come il corallo e quando ridevo mostravo due file di denti bianchi, regolari e stretti. Ero forte allora e sul cercine, in bilico sulla testa, ero capace di portare fino a mezzo quintale. Mio padre e mia madre erano contadini, si sa, però mi avevano fatto un corredo come ad una signora, trenta di tutto: trenta lenzuola, trenta federe, trenta fazzoletti, trenta camicie, trenta mutande. Tutta roba fine, di lino pesante filato e tessuto a mano, dalla mamma stessa, al suo telaio, e alcune lenzuola ci avevano anche la parte che si vede tutta ricamata con molti ricami tanto belli. Avevo anche i coralli, di quelli che valgono di più, rosso scuro…

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