L’AUTORE
Premio Strega nel 1950, La bella estate resta un’opera tra le più emblematiche non solo del grande scrittore torinese, ma del difficile tempo dell’antifascismo e del primo dopoguerra. Nonostante la sua poetica intimista e le continue crisi sentimentali, che lo spingono al suicidio due mesi dopo il premio, Pavese è stato uno dei pilastri della cultura antifascista torinese, negli anni subito prima e subito dopo l’ultima guerra. Traduttore e promotore della letteratura americana in un’Italia culturalmente oppressa dal Ventennio autarchico, è una figura decisiva nel rinnovamento, nonostante nutra scarso interesse per la politica. Nella vita come nei romanzi cerca di congiungere l’amore per la campagna, il mondo della sua infanzia perduta, con quello per la città moderna, il suo stile di vita disinvolto con i legami più semplici e profondi. La sua natura lo porta allo studio più severo, dall’antropologia alla psicologia alle culture antiche, e non lo aiuta nei rapporti umani. Fin da giovane soffre di depressione e, in età adulta, è incapace di trovare una donna a cui legarsi. Per tutta la vita progetta il suicidio, esprimendo con esso il dissidio di una generazione che non riesce ad adeguarsi alla realtà.
I GRANDI CAPOLAVORI DELLA LETTERATURA ITALIANA