Firenze e la sindrome di Stendhal
Sono andata nel capoluogo toscano per studiare la lingua di Dante. Durante il mio soggiorno ho visitato la basilica di Santa Croce, tappa obbligatoria per tutti gli amanti dell’arte. Avanzavo lentamente per assorbire nel modo più completo l’atmosfera di questo luogo così fuori dal comune. Innumerevoli tesori mi aspettavano: una grandiosa navata centrale, affreschi sublimi, vetrate e splendide sculture. Mi sono trattenuta a lungo davanti ai monumenti funebri di personaggi illustri come Michelangelo, Galileo o Machiavelli. All’improvviso mi sono sentita pervadere da forti emozioni.
Commossa e con la gola serrata, ho provato una grande voglia di piangere. Ho anche avvertito un impellente bisogno di parlare con qualcuno, ma ero andata da sola. Sono quindi uscita rapidamente dalla chiesa per calmarmi. Solo due anni più tardi ho sentito parlare per la prima volta della sindrome di Stendhal. Ero dunque stata colpita dallo stesso malessere di cui fu vittima il celebre scrittore francese e nello stesso posto che descrisse così: “Uscendo da Santa Croce, ebbi un battito del cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere”. Per di più, Stendhal era originario della città in cui abito da anni, ossia Grenoble! Incuriosita da tante coincidenze, ho svolto numerose ricerche per capire meglio le emozioni che la bellezza artistica può suscitare in noi. Di fronte alla bellezza sublime oppure davanti a un’abbondanza di opere d’arte certe persone possono infatti soffrire di forti disturbi emotivi: tachicardia, vertigini, soffocamento, persino allucinazioni. L’esistenza della cosiddetta sindrome di Stendhal invece non è ancora scientificamente provata. Del resto, io stessa parlo piuttosto di una sovrabbondanza di emozioni.