L’ITALIA IN DIRETTA
Erst kommt die Familie..., von Michael Braun.
Èil Beppe Grillo di sempre, fondatore del Movimento 5 Stelle, quello che il 19 aprile 2021 posta un video sul suo blog. Già dopo la prima frase perde la calma, comincia a urlare, batte rumorosamente le mani sul tavolo mentre gli occhi gli escono dalle orbite. Eppure è anche un Grillo del tutto inedito. Questa volta non strepita contro politici corrotti o industriali accusati di truffare clienti e azionisti. Questa volta se la prende con una ragazza di 21 anni, che quando ne aveva 19 ha denunciato Ciro Grillo, suo figlio, per averla violentata insieme con tre amici, durante le vacanze in Sardegna. “Non è vero niente!”, urla Grillo padre. Il suo argomento: la ragazza ha sporto denuncia soltanto otto giorni dopo il presunto stupro. “Vi sembra strano?”, sbraita. “È strano!” Il figlio e gli amici secondo lui sarebbero “quattro coglioni, non quattro stupratori!” Come se non bastasse, anche la moglie di Beppe e madre di Ciro si è sentita in dovere di parlare in difesa del figlio, ai suoi occhi del tutto “innocente”. È la famiglia al completo che fa quadrato contro il mondo esterno “nemico”…
Proprio Grillo, abituato a denunciare i veri o presunti vizi degli italiani, ci fornisce l’esempio di un vizio italico radicatissimo: il familismo, o addirittura il “familismo amorale”, come il sociologo statunitense Edward C. Banfield ha intitolato un suo libro sui rapporti sociali in un piccolo paese della Basilicata, scritto in collaborazione con la moglie Laura Fasano nel 1958. È importante soprattutto la famiglia, molto più importante della società, delle leggi, dello stato: è questo il significato del termine familismo. Se la famiglia conta in tutto il mondo, infatti, in Italia conta di più, nel bene e nel male. Basta recarsi davanti a una scuola materna di Roma o di Milano nel pomeriggio, quando i bambini escono. Si vedono tanti nonni e nonne che aspettano i loro nipoti per portarli a casa o al parco, perché la mamma e il papà lavorano. È solo un esempio della solidarietà intergenerazionale che caratterizza il Belpaese. Circa il 25% dei genitori aiuta anche economicamente i propri figli, nonostante vivano fuori casa, e i figli che, a loro volta, assistono i genitori anziani sono addirittura il 45%.
Le ragazze e i ragazzi italiani vanno a vivere fuori casa
molto tardi. I due terzi dei giovani fra i 18 e i 34 anni abitano ancora con i genitori e l’età media di uscita dal nido è di 30 anni (in Svezia: 18 anni; in Germania: 23,7 anni). Anche quando hanno spiccato il volo, i giovani non si allontanano troppo e nelle grandi metropoli spesso cercano casa nello stesso quartiere dei genitori. Nei paesini vivono magari nella stessa palazzina, costruita dalla famiglia. Su questa base, molti esperti parlano di “welfare familiare”, di un sistema che tende a compensare i difetti del welfare pubblico italiano con i sistematici aiuti e le reti di solidarietà della famiglia. Ma non finisce qui. La famiglia non serve solo per risolvere i problemi abitativi, quelli di assistenza ai bambini o agli anziani. La famiglia è anche l’ufficio di collocamento più importante del paese. Infatti, secondo un’ampia ricerca, realizzata nel 2016 dall’Isfol, il 33% degli intervistati ha trovato il posto di lavoro grazie alla rete parentale e amicale.
È così “normale”, questo percorso, che non stupisce neanche più. Scriveva infatti il quotidiano La Stampa, pochi anni fa, che fra gli studenti di Medicina c’erano “pochissimi figli d’arte”. Lo stesso articolo precisava poi che il 31% degli aspiranti dottori aveva il papà o la mamma medico: una percentuale che veniva definita “piuttosto contenuta”, mentre a ben pensare è una cifra esorbitante, tenuto conto che i medici sono appena l’1,6% della popolazione lavorativa in Italia! La decisione di seguire i genitori nelle scelte professionali ha un perché. Il genitore può aiutare anche sul lavoro. E lo può fare anche con metodi dubbi. Che dire di Piero Angela, mitico presentatore di trasmissioni scientifiche della Rai, che trovò scontato aprire le porte della TV di stato a suo figlio Alberto, diventato ormai anche lui un volto famoso della TV italiana? E che dire del presidente della regione Campania, Vincenzo De Luca? È riuscito a piazzare i suoi figli in politica, l’uno come deputato, l’altro come assessore al Comune di Salerno. Ma è Luigi Frati il personaggio forse più mitico, se parliamo di familismo in Italia. Lui, docente di Medicina e rettore dell’Università La Sapienza a Roma, fra il 2008 e il 2014 è riuscito a chiamare in facoltà non solo il figlio medico, ma anche la nuora, laureata in Lettere ma incaricata di insegnare Storia della medicina. Non poteva mancare la figlia, laureata in Legge, per la cattedra di Medicina legale. E a chi lo criticava, Frati ha replicato che non è colpa sua se i suoi familiari sono “bravi”.
Viene sempre prima la “famiglia” anche quando di mezzo ci sono i crimini: la logica del familismo è anche questo. Nel marzo 2021 viene arrestato l’ufficiale Walter Biot, scoperto in flagranza di reato come spia della Russia. Il figlio, messo di fronte ai fatti, non ha dubbi: “Se mio padre ha fatto quello che ha fatto è stato per mantenere la famiglia, per mantenere la casa, non per andare contro lo stato”. Un figlio che difende il padre, come nel caso di Biot, un padre che difende il figlio, come nel caso di Grillo: per tutti vale quello che ebbe a dire l’intellettuale Leo Longanesi nel lontano 1945: sulla bandiera italiana dovrebbe esserci scritto “Tengo famiglia”.