MASSIMILLA SEREGO ALIGHIERI
Massimilla und ihr berühmter Vorfahr Dante.
e fosse stata un maschio l’avrebbero chiamata Dante, come da tradizione di famiglia. A Massimilla Serego Alighieri, però, basta il cognome, che porta con fierezza. Non solo il suo illustre avo è il sommo poeta Dante Alighieri, padre della lingua italiana, ma la contessina ha anche il privilegio di abitare nel grande casale della Valpolicella – a Gargagnago, in provincia di Verona – acquistato nel lontano 1353 da Pietro Alighieri, il figlio di Dante. Si tratta di una meravigliosa villa circondata da vigneti, dove da molte generazioni la famiglia produce il Recioto e un Amarone che è entrato nella classifica dei “10 migliori vini del mondo” stilata dalla rivista americana Wine Spectator.
La simpatica e spiritosa Massimilla, 41 anni, è una vera “donna del vino” e ai suoi tre cani Golden Retriever ha dato nomi che evocano i piaceri dell’alcol: Grappa, Gòto e Ombra, termini, questi ultimi due, che in dialetto indicano il “bicchiere” e il “bicchierino” di vino. Alla sua attività di manager alterna l’attività di custode della memoria del suo celeberrimo antenato.
È vero che Dante Alighieri, in famiglia, viene chiamato “Lui”?
Sì, quando ne parliamo in famiglia, noi diciamo sempre: “Lui cosa farebbe?” o “Lui cosa penserebbe?” Mi suona tanto strano dire “Dante, l’antenato”.
Perché il suo cognome è Serego Alighieri e non solo Alighieri?
Io mi chiamo Serego Alighieri perché nel Cinquecento l’ultima discendente della famiglia fu una donna, Ginevra, che non poteva portare avanti il cognome Alighieri. Ci provò suo zio Francesco, che era sì un canonico cattolico, ma ottenne uno speciale permesso da parte della Chiesa e venne dispensato dal voto di castità. Purtroppo non fu fortunato, perché ebbe tre figlie femmine. Infine Ginevra sposò nel 1549 Marcantonio Serego, della famiglia Serego, che era un’importantissima famiglia vicentina e così si unirono due cognomi.
Ci racconta la storia della sua famiglia?
Il mio trisavolo Dante fu sindaco di Venezia, un sindaco all’avanguardia, che istituì il servizio di trasporto pubblico, dunque il vaporetto, e allargò molte calli. Il mio bisnonno, Pier Alvise, era molto legato a questa terra e all’agricoltura, che in Valpolicella significa viticoltura. Quando lui nacque, nel 1875, venne piantata la Molinara, che è una delle tre uve che vengono usate da queste parti. Ma in Europa, agli inizi del 1900, ci fu la terribile piaga della fillossera, per la quale morirono praticamente tutte le vigne europee. Il mio bisnonno fondò nel 1920 una scuola di viticoltura per insegnare il reimpianto delle viti. Durante la seconda guerra mondiale questa nostra proprietà era il magazzino di tutte le munizioni dell’esercito tedesco da Verona al Lago di Garda.
Cosa successe quando arrivarono gli americani?
Quando gli americani entrarono in Italia, ai tedeschi fu ordinato di abbandonare tutte le loro basi e di non lasciarsi niente
Zuhause ist sie auf einem der berühmtesten Weingüter Italiens, und mit Wein kennt sie sich richtig gut aus. Außerdem trägt Massimilla einen
geschichtsträchtigen Familiennamen: Serego Alighieri.
dietro. I tedeschi iniziarono allora a bombardare tutto e mio nonno Dante ebbe un’idea geniale: la sera del 25 aprile del 1945 organizzò una cena favolosa per gli ufficiali tedeschi incaricati di far saltare in aria la polveriera. Molto presi dalla cena, dal pasto e dal vino abbondante, gli ufficiali ubriachi non si resero conto che i paesani avevano fatto sparire le munizioni. Quando il giorno dopo si svegliarono e si accorsero che tutto era sparito, ancora frastornati dalla sera precedente se ne andarono dimenticandosi di bombardare il paese.
Ci sono versi che in famiglia considerate particolarmente importanti?
La grandezza della Divina Commedia sta nel non essere legata ad alcuni versi, ma nell’essere attuale ogni giorno della nostra vita. Un verso che io oggi sento molto è Non ti curar di lor ma guarda e passa, ma domani ne potrei sentire un altro più adatto a un’altra situazione che sto vivendo, per
esempio Fatti non foste a viver come bruti.
Ci sono “luoghi di Dante” considerati dalla famiglia come luoghi di pellegrinaggio?
Il più importante è sicuramente la tomba di Dante a Ravenna, che per me è un luogo di pellegrinaggio non solo per la tomba: tutta la città merita di avere le spoglie di Dante, perché è la città più cara e devota al mio avo. Anche a Verona ci sono moltissimi luoghi che ricordano Dante Alighieri: per esempio le Arche Scaligere, che conservano le tombe della famiglia Della Scala; la statua di Ugo Zannoni in Piazza dei Signori, che a Verona viene chiamata Piazza Dante. È una statua importante, perché risale a quando Verona era sotto il dominio austriaco. È stata eretta in una notte e il mio avo non rappresentava solo se stesso: era l’emblema della lingua e della cultura italiana, a testimonianza di quanto i veronesi si sentissero italiani.
La leggenda dice che Pietro, il figlio di Dante, ritrovò gli ultimi canti del e completò la È vero?
Paradiso Divina Commedia.
Quando Dante morì, a Ravenna, lasciò la sua opera incompleta. Mancavano gli ultimi 13 canti del Paradiso. Una notte Pietro ebbe un sogno in cui gli venne detto che quei 13 canti erano proprio lì dove Dante era spirato. Lui andò nelle valli di Comacchio e li trovò.
In tanti si sono cimentati nella ricerca di un manoscritto del poeta. Siete stati coinvolti anche voi?
Una mia prozia, Maria Lena, un giorno ha accompagnato un’amica da una chiromante e si è seduta sul divano ad aspettarla. La chiromante, dopo aver liquidato in quattro e quattr’otto l’amica, ha rivolto alla mia prozia tutte le sue attenzioni: “Tu sei molto più interessante della tua amica”, le ha detto. “So che quello che state cercando si può trovare nella vostra tenuta vicino a Verona, in quella stanza così e così, sotto quel tavolo così e così”. Mia zia, tutta contenta, è tornata a Gargagnago e ha fatto scalpellare nei punti indicati dalla chiromante, ma non si trovò nulla. Ci sono molti studiosi un po’ “pazzi”, ma in senso buono, che studiano Dante Alighieri e si sono interessati a questa cosa. Mi ricordo che, quando ero ragazzina, venne da noi un geografo-matematico sicuro che, calcolando le sillabe delle terzine dantesche, la latitudine e la longitudine ottenute portavano proprio a Gargagnago, sotto il pavimento di un’altra stanza rispetto a quella indicata dalla chiromante. Mio padre disse che non era interessato, lo mandò via, ma appena se ne fu andato, una scavatina nel pavimento la fece lo stesso. Fatto sta che non trovò nulla neanche quella volta…