LIBRI E LETTERATURA Büchertipps und Leseprobe.
Horcynus Orca, Stefano D’Arrigo (1919-1992)
IL LIBRO E L’AUTORE
Pubblicato nel 1975, con un discreto successo di pubblico e di vendite, questo romanzo epico è stato un caso letterario unico: dopo più di 20 anni di anticipazioni, ancor prima di uscire aveva suscitato entusiasmo nel mondo delle lettere, per essere ben presto del tutto dimenticato. L’autore, siciliano di origine, studioso di Hölderlin, poeta, critico d’arte e giornalista, era molto noto nel mondo della cultura romana, dove frequentava l’ambiente degli artisti. Iniziò il romanzo negli anni Cinquanta e ne pubblicò una parte consistente nel 1960, ottenendo un premio e l’attenzione dei maggiori critici. Ma la scrittura difficile, intrisa di termini ed espressioni del siciliano antico (il dialetto letterario più antico d’Italia), di neologismi e un testo dalla struttura sperimentale, non aiutarono la diffusione dell’opera. Molto amato da diversi colleghi – Montale, Levi, Pasolini – e critici stranieri, D’Arrigo, forse anche perché praticamente intraducibile, non conquistò nessuna fama all’estero, e oggi resta una lettura per pochi, senza essere entrato nella cultura viva del paese.
→ GENERE: romanzo epico sperimentale. LINGUA: molto difficile.
LA TRAMA
È il racconto del ritorno di un marinaio siciliano che nel 1943, dopo il proclama di Badoglio, parte da Napoli e in cinque giorni va a casa a piedi attraversando tutta la Calabria e poi lo Stretto di Messina. Ispirato al mito del ritorno dell’Ulisse dell’Odissea omerica e da quello di Joyce, alternando ricordi e flashback, il romanzo ripercorre l’esperienza di gioventù e di guerra, in un paesaggio devastato dalle campagne militari, che trovano corrispondenza nel sentimento di naufragio interiore del protagonista. Il tono epico si fonda sulla fortissima presenza del mare, che in Italia, per strana coincidenza, non ha mai avuto un cantore, né antico né moderno, nonostante la storia e la vocazione marinara della Penisola. Il protagonista viene assalito da ricordi, suggestioni e visioni, in cui gli si rivelano possenti creature marine – sorte di delfini, pescispada e orche – richiamando i toni di Melville ed Hemingway.
Il ponte, che una volta l’attraversava, era stato fatto saltare pezzo a pezzo dai tedeschi in ritirata; restavano solo i piloni, che sembravano dei baluardi frangiflutti per la piena delle acque invernali.
All’altra sponda del ponte, alzata accanto a un pilone, c’era una tenda da campo. Non si vedeva nessuno di fuori, ma sotto la tenda, al riparo del sole, doveva esserci certamente qualcuno. Questo qualcuno, siccome era a quelli che pensava, gli passò per la mente che potessero essere una di quelle coppie di carabinieri che, correva voce, giravano a cavallo o a piedi, cogli ordini del re scomparso, che era ricomparso con trono e rintrono di proclami maestosi, nella città di Brindisi, nelle Puglie, e che, come Carlo dopo Roncisvalle, andava facendo l’appello dei paladini morti per vedere se casomai qualcuno gli restò fedele e vivo, ma non per squartare fra due cavalli il suo già caro e onorato cugino ma solo, forse, per proforma di re che regna. Fantasimi, diceva la gente di quelle coppie di carabinieri erranti. Fantasimi, che in nome di re fantasima, gettano il bando di richiamata a soldati fantasimi anche loro, loro nemmeno a dirlo, più fantasimi di tutti.