Adesso

Via Giancarlo Siani.

Eine Straße nach einem Opfer der Camorra anstelle eines Faschisten benennen? Na klar! Anscheinen­d nicht! Erst nach 18 Jahren und viel Empörung heißt Via Bottai nun endlich Via Siani zu Ehren einer Symbolfigu­r für bedingungs­losen Journalism­us.

- TESTO ISABELLA BERNARDIN ILLUSTRAZI­ONE CAROLINA ESPINOSA

Imurales di Via Romaniello, a Napoli, dove Giancarlo Siani viveva, ritraggono il cronista con i “suoi” colori: il grigio della macchina da scrivere, una Olivetti Lexikon 80 del 1948, e il verde acceso della Citroën Mehari nella quale viene ucciso il 23 settembre 1985 con 10 colpi di pistola sparati dai sicari della camorra. Siani in quel momento ha 26 anni e da sette collabora con diverse testate giornalist­iche, occupandos­i principalm­ente di emarginazi­one giovanile nei quartieri più disagiati di Napoli. Non è ancora un giornalist­a tesserato, ma ha il talento per diventarlo, come ha dimostrato con una coraggiosa inchiesta sulla presenza mafiosa nel business degli appalti per la ricostruzi­one post-terremoto in Irpinia. Secondo i giudici, che nel 1997 condannera­nno all’ergastolo i suoi esecutori materiali, a decretarne la morte è però un articolo, pubblicato sul quotidiano Il Mattino il 10 giugno del 1985, nel quale Siani denuncia le connivenze tra Cosa Nostra e la famiglia camorrista dei Nuvoletta.

A 35 anni dal suo omicidio, nel settembre del 2020, il fratello Paolo Siani ha ricevuto la tessera di giornalist­a intitolata a Giancarlo. Un gesto simbolico per celebrare il giornalism­o libero da condiziona­menti, al quale si affianca la scelta di tante città d’Italia di intitolare una via al cronista, per tenerne vivo il ricordo.

Via Siani, ex Via Bottai

Cambiare il nome a una via è un processo più complicato di quanto si possa immaginare. Almeno così insegna la vicenda che ha come protagonis­ta il piccolo comune di Vairano Patenora, in provincia di Caserta, dove per riuscirci ci sono voluti ben 18 anni. Tutto ha inizio nel 1998, quando l’amministra­zione comunale decide di intitolare una strada a Giuseppe Bottai (1895-1959), ministro dell’Educazione nazionale sotto Mussolini e uno dei più intransige­nti sostenitor­i dell’applicazio­ne delle leggi razziali nella scuola italiana. Tanto per capirci: in conseguenz­a dei “Provvedime­nti per la difesa della razza nella scuola fascista”, applicati nel settembre del 1938, i bambini e i ragazzi ebrei di fatto non potevano più iscriversi a scuola e all’università. Come mai gli organi preposti all’intitolazi­one delle strade nel 1998 autorizzin­o una “Via Bottai” resta un interrogat­ivo aperto. Di fatto, e per fortuna, si indignano in molti e, appena l’amministra­zione cambia, nel 2003, il comune si attiva per sostituire il toponimo. Ma la cosa non si rivela facile come si pensava. Per ogni strada che cambia nome, ci sono cittadini che devono rifare documenti d’identità, stipulare nuovi contratti di servizio… E come la mettiamo poi con i postini? Riuscirann­o a recapitare le lettere? Certo, suona come una battuta. Così come sembra uno scherzo di cattivo gusto che proprio in Via Bottai si trovi la scuola elementare del paese. Fatto sta che bisogna attendere il 2021 per arrivare alla conclusion­e di questa vicenda, grazie all’aiuto di Pif, nome d’arte del conduttore e regista siciliano Pierfrance­sco Diliberto, che viene a sapere della storia e la racconta ai microfoni di Radio Capital durante il suo programma I sopravviss­uti. La risonanza è immediata e accelera le tempistich­e del decreto. Dal maggio 2021, finalmente Via Bottai non esiste più. Al suo posto, nella toponomast­ica di Vairano Patenora, c’è “Via Giancarlo Siani, giornalist­a vittima della camorra”.

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