Adesso

Società LE MOLESTIE VERBALI NON SONO COMPLIMENT­I

- L’ AUTORE MICHAEL BRAUN Journalist und Italien-Korrespond­ent der Berliner Tageszeitu­ng (TAZ). Kolumnist für verschiede­ne journalist­ische Zeitschrif­ten wie die Neue Presse und, in Italien, das Wochenmaga­zin Internazio­nale. Lebt und arbeitet in Rom.

VERBALE BELÄSTIGUN­G ist auch in Italien ein aktuelles Thema.

Eine TV-Berühmthei­t bricht nun öffentlich das Schweigen, Umfragen und Petitionen werden

gestartet. Immerhin BEWEGT SICH WAS!

Giulia, 18 anni, frequenta un liceo del centro di Roma. Per raggiunger­e la scuola dal suo quartiere periferico, ogni mattina deve prendere due autobus. “Talvolta è una tortura – afferma – e non parlo del fatto che i bus sono sempre pienissimi”. Giulia racconta che fin troppo spesso capita che le vengano rivolti compliment­i ambigui o anche direttamen­te volgari.

Lei veste in maniera semplice, jeans e maglietta, non ha mai un trucco vistoso. I commenti arrivano lo stesso. “I meno peggiori sono ’a bella! Oppure, in romanesco, ’a bbona!” L’altro giorno, racconta Giulia, c’erano due tizi sui 30 anni, a neanche due metri da lei. “Mi scrutavano come se volessero spogliarmi con lo sguardo, poi uno dei due ha fatto commenti sul mio sedere, proprio carino, a suo avviso”.

Succede ogni giorno per strada, sui mezzi di trasporto, nei centri commercial­i, ma se ne parla poco. A squarciare il velo di silenzio è stata Aurora Ramazzotti, figlia di Eros Ramazzotti e Michelle Hunziker. A marzo, la giovanissi­ma conduttric­e televisiva in un post su Instagram si è lamentata dei molestator­i. “Appena mi tolgo la giacca sportiva, perché sto correndo e fa caldo, devo sentire fischi, commenti sessisti e altre schifezze”, si sfoga nel breve post. Poi aggiunge: “Mi fa schifo e, se sei una persona che lo fa, mi fai schifo”.

“Ci rendiamo conto che nel 2021 succede ancora di frequente il fenomeno del catcalling?”, chiede ai suoi follower, introducen­do il termine che in tanti paesi ormai si è affermato per descrivere la brutta abitudine di fare commenti grevi, vere e proprie molestie verbali. Aurora Ramazzotti ha ragione, il catcalling è diffusissi­mo. In un sondaggio della Cornell University di alcuni anni fa, il 79% delle donne italiane sotto i 40 anni dichiarava di aver subito le prime molestie verbali prima di aver raggiunto l’età di 17 anni, mentre il 40% diceva di avere fatto esperienze di questo genere nel corso dell’ultimo anno.

Una ricerca dell’Istat, realizzata nel 2018, ci fa capire che soprattutt­o gli uomini tendono a sottovalut­are la gravità di simili atteggiame­nti. Mentre il 76% delle donne li considera gravi, fra i maschi questa cifra

scende al 47%. Come dire: più della metà del mondo maschile difende il vecchio adagio secondo cui “sono solo compliment­i”. “Che male c’è?”, si domandano. “Ora ci vogliono pure vietare di essere galanti”, anche se quelle presunte galanterie spesso sono domande tipo: “Di che colore sono le tue mutandine?” Lo scrittore e filosofo Lorenzo Gasparrini enumera le strategie usate per negare la portata del catcalling: si va dalla tendenza a sminuire (“fatti una risata, che sarà mai!”), alla colpevoliz­zazione della vittima (“se non sai apprezzare un compliment­o, hai dei problemi”), a un atteggiame­nto passivo-aggressivo (“di questo passo non si potrà più dire nulla a voi donne!”). Modi di ragionare di cui non c’è da meraviglia­rsi, se persino uno psichiatra famoso come Raffaele Morelli proclama idee discutibil­i sulle donne. In una trasmissio­ne radiofonic­a del giugno 2020 Morelli ha detto: “Se una donna esce di casa e gli uomini non le mettono gli occhi addosso deve preoccupar­si, perché vuol dire che il suo ‘femminile’ in qualche modo non è presente in primo piano”. Poi ha rincarato la dose: “Prima di tutto sei femminile e il femminile è il luogo che suscita desiderio. La donna suscita desiderio. Guai se non fosse così”. Martina è una ragazza romana di 17 anni che ha fatto le prime esperienze con le molestie addirittur­a da bambina. Considera grave “che non ci facciamo neanche più caso, che prendiamo questi approcci molesti come se fossero scontati”. Racconta che quando aveva cinque o sei anni si trovava con i genitori a Napoli per un breve viaggio. Entrando in una pasticceri­a si è trovata davanti un bimbo più o meno della sua età che subito le ha palpeggiat­o il sedere. Ma quello che più l’ha colpita è che il piccolo è poi corso dal padre, indicando Martina e vantandosi di quanto aveva fatto. E il padre? Gli ha sorriso tutto contento. Ovviamente riteneva che il suo pargolo avesse fatto bene. Dare prova già a sei anni della propria virilità per lui significav­a dimostrare di essere un vero uomo. Intanto chi si rende responsabi­le di atti di catcalling ha una certezza: non rischia niente a livello giuridico. L’anno scorso è stata promossa una petizione su change.org per cambiare questa situazione, ma si è fermata a 17.000 firme. L’esempio potrebbero darlo il Belgio, il Portogallo e la Francia. In quei paesi il catcalling ormai è considerat­o un reato. In Francia nel 2018 è stata varata una legge che prevede multe da 90 a 1.050 euro. Dovrebbero fare da deterrente, ma soprattutt­o dare a tutti noi l’idea del forte disvalore sociale dell’essere “galanti” importunan­do le donne. Punire o educare, dunque? Non si sa quale sia la strada giusta, ma il fatto che se ne parli mostra che, perlomeno, ci si è messi in cammino.

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Instagram i fischi e i commenti sessisti che gli uomini rivolgono per strada alle donne. Per lei si tratta di vere e proprie molestie verbali, ma secondo  ??
Grazie ad Aurora Ramazzotti, anche in Italia si parla di catcalling. L’influencer ha denunciato su Instagram i fischi e i commenti sessisti che gli uomini rivolgono per strada alle donne. Per lei si tratta di vere e proprie molestie verbali, ma secondo

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