Adesso

L’ITALIA IN DIRETTA Kellner gesucht!, von Michael Braun.

- MICHAEL BRAUN Journalist und Italien-Korrespond­ent der Berliner Tageszeitu­ng (TAZ). Kolumnist für verschiede­ne journalist­ische Zeitschrif­ten wie die Neue Presse und, in Italien, das Wochenmaga­zin Internazio­nale. Lebt und arbeitet in Rom.

Italiens HOTELIERS UND GASTRONOME­N sind am Verzweifel­n. Es sollte eigentlich ein vielverspr­echender Sommer werden, die Gäste kommen zurück und die Quartiere sind

vielerorts ausgebucht. Wenn nicht das Personal FEHLEN würde…

Sembrava che non avessero motivo di lamentarsi, gli albergator­i di Rimini o di Viareggio, di Sperlonga o di Gallipoli, della Costa Smeralda o della Costiera Amalfitana: già a giugno di quest’anno la stagione estiva era partita benissimo. Gli italiani, restii a partire per l’estero in tempi di Covid, avevano preno tato per tempo una vacanza al mare o in montagna, in albergo, nei B&B o nelle case di vacanza. A metà luglio le strutture registrava­no già il “tutto esaurito” o quasi. I siti di prenotazio­ne, infatti, informavan­o i clienti che qualche posto disponibil­e c’era ancora, ma sempre con la stessa avvertenza: “Sul nostro sito resta solo una camera a questo prezzo”. Malgrado un avvio di stagione molto promettent­e, tanti albergator­i, ma anche ristorator­i e gestori di stabilimen­ti balneari, invece si lamentavan­o eccome. Certo, gli ospiti c’erano, ma mancava il personale, mancavano addetti alla pulizia delle stanze e receptioni­st negli alberghi, cuochi e camerieri nei ristoranti, bagnini e baristi nei lidi. Stefano Giuliodori, dell’Hotel Dory di Riccione, commentava: “Che anno strano, siamo all’inizio di settimane che preannunci­ano un boom di vacanzieri, ma non troviamo personale. Cerchiamo ragazzi anche giovani da inserire in ristorante, in cucina, al riceviment­o”.

Sembra un controsens­o. Nessun settore è stato colpito tanto duramente dalle conseguenz­e della pandemia come quello del turismo, con un crollo verticale del fatturato e una perdita di centinaia di migliaia di posti di lavoro. Eppure quando cerca di ripartire, trova un forte ostacolo nella mancanza di forza-lavoro. L’associazio­ne imprendito­riale Confeserce­nti a giugno parlava addirittur­a di 200.000 lavoratori introvabil­i, in una situazione che soltanto nell’ultimo anno ha visto più di 700.000 persone perdere il posto di lavoro, in Italia. Dovrebbero essere contente, allora, di trovarne un altro. Secondo molti albergator­i e le loro associazio­ni di categoria, è facile spiegare questo controsens­o: la colpa è del reddito di cittadinan­za, che dal 2019 garantisce a chi non ha altre entrate un contributo mensile fino a 780 euro. “Forse a incidere sono anche i troppi sostegni al reddito che il governo elargisce in questo periodo”, afferma ad

esempio il presidente provincial­e dell’Upa (Unione provincial­e albergator­i) di Savona, in Liguria, Angelo Berlangier­i. A dargli manforte interviene Vincenzo De Luca, presidente delle Regione Campania. “Mi è stato confermato – dice – che alcune attività commercial­i non apriranno perché per esempio per i bar e per i ristoranti non si trovano più camerieri. Per le attività stagionali non si trova più personale. È uno dei risultati paradossal­i dell’introduzio­ne del reddito di cittadinan­za. Se tu mi dai 700 euro al mese e io mi vado a fare qualche doppio lavoro, non ho interesse ad alzarmi la mattina alle 6 per andare a lavorare”. È vero che il reddito di cittadinan­za toglie la voglia di lavorare? Secondo l’Inps, i nuclei familiari che percepisco­no l’assegno sono 1 milione e 175.000. In media ricevono 582 euro a famiglia, non a persona. Di conseguenz­a i motivi per trovarsi un lavoro ci sarebbero tutti. I lavoratori precari del settore turistico e i sindacati fanno notare infatti che se non trovano personale, la colpa è tutta dei datori di lavoro. Per Christian Ferrari, segretario regionale della Cgil in Veneto, “il vero problema è che nel turismo vengono offerti posti di lavoro di scarsissim­a qualità, con salari da fame”. Nei forum dei lavoratori del settore turistico in Internet si leggono storie di persone assunte con un contratto part-time di 20 ore settimanal­i, pagate 600 euro, che poi devono lavorare anche 50 o 60 ore. Maria Assunta Brocco non crede nell’impatto del reddito di cittadinan­za sulla mancanza di lavoratori, che anche lei subisce come proprietar­ia dell’Hotel Italia a Pineto, sull’Adriatico abruzzese, una struttura a gestione familiare con 33 stanze. “Questo è un anno tragico”, esordisce. L’albergo deve fare i conti con una mancanza cronica di camerieri, “proprio oggi si è licenziata una ragazza dopo appena una settimana di lavoro”. Punta il dito piuttosto su un altro tipo di sus sidi statali, erogati in tempi di Covid. Tutti i lavoratori stagionali hanno diritto a un sostegno una tantum di 2.400 euro “e hanno pagato questa somma proprio da maggio in poi”. Molti ragazzi, secondo lei, si accontenta­no di questi soldi per passare l’estate. “Ragazzi fra i 20 e i 30 anni quest’anno non si trovano”, si lamenta. “Preferisco­no fare un anno sabbatico”. Aggiunge che, a causa delle chiusure dovute al Covid, molti lavoratori da sempre impegnati nel turismo nel frattempo hanno trovato altri lavori nei supermerca­ti o nell’industria alimentare. Come se non bastasse, accusa, i Centri dell’impiego funzionano peggio che mai. “Se avevamo bisogno di una cameriera, ancora cinque anni fa ci davano un elenco di persone in cerca di lavoro. Oggi non lo fanno più, a loro dire per motivi di privacy. Quindi per cercare persone non ci resta che il passaparol­a”. E aggiunge che a Pineto tre o quattro dei 25 hotel non hanno trovato neanche uno chef, figura cruciale in ogni albergo, fino a luglio inoltrato. “Non c’è niente da fare, questa stagione la viviamo sull’orlo dell’infarto”, conclude sconsolata.

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La stagione estiva è ripartita, ma manca il personale. Secondo molti albergator­i, gestori di stabilimen­ti balneari e proprietar­i di locali, il problema è il reddito di cittadinan­za, che garantisce fino a 780 euro al mese e non incentiva a trovare un lavor

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