PASSAPAROLA Römische Zahlen und ihr Diskriminierungspotential, von Renata Beltrami.
Weil nicht jeder RÖMISCHE ZAHLEN lesen kann, steigen einige französische Museen nun auf ARABISCHE ZIFFERN um. Dabei gibt es kaum ein Zahlensystem, das simpler aufgebaut ist als das der alten Römer.
Ma diamo i numeri? Di fronte a situazioni incomprensibili, o semplicemente non gradite, gli italiani usano spesso questa espressione, che significa “dire stupidaggini” o “fare cose insensate” e rimanda all’usanza di interpretare i sogni o i fatti realmente accaduti per individuare i numeri vincenti da giocare al lotto. Negli ultimi mesi abbiamo assistito a scelte molto creative di fronte ai Numeri con la “enne” maiuscola, sospettati addirittura di essere causa di discriminazione sociale. Mi riferisco alla notizia, rimbalzata da Parigi sulla stampa italiana, relativa alla scelta fatta dal Louvre e da altri musei di non usare più i numeri romani per indicare i secoli e altri elementi utili a illustrare i percorsi di visita. Verranno mantenuti solo per i re e le regine, ma negli altri casi saranno sostituiti dai numeri arabi. La ragione è semplice: tutti devono essere messi nelle condizioni di visitare i luoghi di cultura senza ostacoli. Ma non sarebbe stato più semplice insegnare i numeri romani, almeno nelle combinazioni più facili, invece che cancellarli del tutto? I numeri romani non sono poi così difficili da capire, se si entra nella logica di chi li ha inventati. Basta contare pensando alle dita di una mano – che poi diventa V, “cinque” – come segno di “mano aperta” e andare avanti aggiungendo le dita dell’altra mano come se fossero tacche, fino ad arrivare a X, “dieci”, due mani vicine che si toccano. I simboli arabo-indiani sono molto più complessi, perché partono dal numero degli angoli che contengono, anche se sono infinitamente più semplici per fare i calcoli. Il paradosso è che i numeri romani, discriminati in Francia a favore dei numeri arabi (che tra l’altro gli arabi chiamano “numeri indiani”), sono invece di gran moda in un mondo globalizzato e lontanissimo dagli studi classici, quello del football americano. I Tampa Bay Buccaneers hanno sconfitto i Kansas City Chiefs nel Super Bowl LV [55, n.d.r]. Di Super Bowl si parla anche nel Padrino parte II e III, la saga di Francis Ford Coppola. Da Guerre stellari alle serie di videogiochi, i numeri romani sono insostituibili. Come dire, cacciati dai musei, sono benvenuti negli stadi e nel mondo digitale.
Ripensando alla segnaletica dei musei, ho provato a cercare su Google la parola “numeri”, per vedere se è possibile accontentare tutti con una segnaletica unica. Oltre ai numeri romani e arabi ci sono anche i numeri armeni, babilonesi, cinesi, cirillici, ebraici, egizi, georgiani, giapponesi, glagolitici, greci, inca, maya, persiani, thailandesi. Simboli tutti diversi, affascinanti, bellissimi, ma nessuno è così elementare e semplice come le asticelle dei numeri romani. Certo, bisogna ricono scere la loro funzione di numero quando compaiono insieme alle lettere. E fare attenzione alle trappole: XL vuol dire 40, oltre che extralarge, se parliamo di taglie; L è il numero 50; LX è 60 e non XL scritto sbagliato.
O forse è davvero meglio scrivere Luigi 14, papa Giovanni
23, Via 25 Aprile e Largo 4 Novembre?