INTERVISTA
ROBERTO RICCARDI
Der Ermittler in Sachen Raubkunst.
Mit großem Engagement und Sachkenntnis setzt sich der Kommandant einer weltweit einzigartigen Einsatzeinheit für die Rettung von geraubten Kunstschätzen
ein. Auch als renommierter Buchautor verzeichnet er großartige Erfolge!
Detective dell’arte è il titolo di un libro avvincente, uscito nel 2019, che raccoglie storie di capolavori artistici rubati nel corso dei secoli. È però anche la singolare professione del suo autore: il generale Roberto Riccardi, capo di una struttura dell’Arma dei Carabinieri che opera in tutto il mondo e che tutto il mondo ci invidia: il Comando per la tutela del patrimonio culturale. Nata nel 1969, l’unità ha il suo quartier generale a Roma, 16 nuclei distribuiti su tutto il territorio nazionale e diverse sezioni che si occupano specificamente di archeologia, antiquariato, falsificazione, arte contemporanea. La sua banca dati contiene 8 milioni di file e un milione e 300.000 dati su opere rubate oggetto di indagine. Dagli anni Settanta a oggi, l’unità ha restituito ai musei e ai legittimi proprietari tre milioni e mezzo di oggetti di valore, tra cui dipinti, sculture, codici miniati, manoscritti, reperti archeologici e ogni sorta di antichità. Il traffico internazionale di opere d’arte rappresenta infatti il terzo mercato illegale del mondo, dopo quelli della droga e delle armi, e muove un giro d’affari che vale oltre 6 miliardi di euro all’anno. E l’Italia, con il suo patrimonio sterminato di capolavori, gioca un ruolo da protagonista non solo come vittima di furti, ma anche per l’alto livello delle sue attività investigative sempre all’avanguardia.
Generale Riccardi, ci può raccontare qualche caso clamoroso risolto dal Comando per la tutela del patrimonio culturale?
Per esempio, nel 1998 abbiamo restituito due dipinti di Van Gogh, L’arlesiana e Il giardiniere, e uno di Cézanne, Il capanno di Jourdan, alla Galleria di Arte moderna di Roma. I quadri erano stati rubati nello stesso anno con una vera rapina a opera di una banda che si era avvalsa di un basista, ossia una persona interna al museo.
C’è anche qualche storia curiosa?
Sicuramente quella del dipinto di Bruegel che si trovava in una chiesa di Castelnuovo Magra, in Liguria. Avevamo saputo che lo volevano rubare e abbiamo sostituito l’originale con una copia, così i ladri si sono portati via quella.
Qual è stato il ritrovamento più importante degli ultimi anni?
Un vaso attico, il cratere di Eufronio, che era stato scavato illecitamente a Cerveteri, nel Lazio, nei primi anni Settanta, ed era finito in Svizzera. Da Zurigo aveva poi viaggiato fino a New York e qui era stato venduto al Metropolitan Museum per un milione di dollari. Lo abbiamo riportato in Italia nel 2008 e oggi è il simbolo del Museo archeologico di Cerveteri. Rappresenta una scena bellissima, la morte di Sarpedonte, un semidio che combatteva a