STILE LIBERO
GUCCI. 100 ANNI DI STILE
Die bewegte Geschichte einer Luxusmarke.
Il sogno Gucci inizia nel 1921, quando il fiorentino Guccio (18811953) apre un piccolo laboratorio di valigie e pelletteria al numero 7 di Via della Vigna, a pochi passi da Piazza della Signoria e dall’elegante Via de’ Tornabuoni, a Firenze. A 17 anni, Guccio aveva cercato fortuna a Londra, lavorando come semplice addetto al servizio ascensore presso il Savoy Hotel. È lì che osserva da vicino i gusti della clientela altolocata e inizia a sognare un’attività tutta sua, ma ci vorranno ancora diversi anni prima che l’idea possa concretizzarsi. Tornato a Firenze, impara l’arte della pelletteria, fino a quando una sera, passeggiando a braccetto con sua moglie Aida, vede un negozietto perfetto per realizzare il suo sogno. Sul retro ha un piccolo laboratorio ed è lì che un’équipe di esperti del cuoio dà vita ai primi modelli: borse, valigie, set da viaggio, cappelliere che fondono lo stile inglese e la passione per l’equitazione alla tradizione pellettiera fiorentina, la più raffinata d’Italia. Sono soprattutto le famiglie nobili, le più ricche della
città, a fare acquisti. Le richieste aumentano velocemente, tanto che già nel 1923 Guccio apre un secondo negozio, in Via del Parione. Non solo, Guccio ha un ottimo fiuto per gli affari, uno stile impeccabile che le clienti apprezzano, e un grande spirito di adattamento. Quando nel 1935 l’Italia invade l’Etiopia e la Lega delle Nazioni impone l’embargo, rendendo impossibile acquistare cuoio e altri materiali di pregio, Gucci non si perde d’animo e sperimenta nuove soluzioni, impiegando materie prime fino a quel momento considerate umili, come la rafia, il vimine, la iuta, la canapa. Le vendite, nonostante le difficoltà, continuano e, dopo essersi fatto un nome nella culla del Rinascimento, nel 1938 Gucci apre una boutique a Roma, in Via Condotti. Il successo internazionale deve ancora arrivare: negli anni Cinquanta, i figli di Guccio inaugurano a New York, nella 58° strada, il primo negozio monomarca d’oltreoceano. Nascono in questi anni la borsa con i manici di bambù ei mocassini con il morsetto, entrambi destinati a rappresentare il nome Gucci nel mondo. Amati subito dalle star di Hollywood, saranno declinati in infinite variazioni di colori e modelli, fino ai giorni nostri. Gucci annovera tra i suoi ammiratori anche personalità illustri, come John Wayne, Elizabeth Taylor, Fred Astaire e Jerry Lewis. Qualche anno più tardi, il presidente Kennedy dirà addirittura che Gucci “è il miglior ambasciatore italiano in America”.
Negli anni Ottanta inizia il lento processo che porterà la famiglia Gucci a uscire di scena. Nel 1993 Maurizio, nipote di Guccio e ultimo presidente dell’impero, si ritira dall’azienda, che viene acquisita dal gruppo francese Pinault-Printemps-Redoute, oggi Kering.
L’omicidio di Maurizio Gucci
A chi l’ha intervistata in occasione dell’uscita del film The House of Gucci (vedi pag. 31), Patrizia Reggiani è apparsa come una donna che non rinnega nulla del suo passato e che ricorda con nostalgia la sua vita da “Lady Gucci”.
Tutto inizia nel 1972, quando sposa Maurizio Gucci. Ha 24 anni e la famiglia di lui la considera un’arrampicatrice sociale. Il matrimonio dura 13 anni e nascono due bambine. Poi arriva il divorzio. Tutto bene fin qui, ma Maurizio decide di risposarsi con un’amica comune. È lì che si frattura il mondo di Reggiani: nonostante un vitalizio da un milione di franchi svizzeri, teme di non poter più condurre la vita di un tempo. Decide allora di far uccidere l’ex marito. Lo racconta ancora oggi ai microfoni dei giornalisti. “Chiedevo in giro: c’è qualcuno che ha
il coraggio di uccidere mio marito?” Alla fine, trova chi risponde all’appello. Per 600 milioni di lire, la cosiddetta “squadra Bassotti”, come la definisce lei, organizza l’omicidio, che avviene la mattina del 27 marzo 1994. L’esecutore, il muratore Benedetto Ceraulo, uccide a colpi di pistola Maurizio Gucci, che all’epoca aveva 46 anni, nell’androne del suo ufficio, in Via Palestro a Milano. Gli inquirenti cercano il movente nell’azienda, ma senza risultato. Per due anni l’omicidio resta avvolto nel mistero, fino a quando una soffiata li fa risalire a Reggiani. Si racconta che, al momento dell’arresto, non abbia opposto resistenza, ma abbia preso tempo per indossare tutti i suoi gioielli e la pelliccia. “Questi vanno dove vado io”, pare abbia detto. La ex Lady Gucci è rimasta a San Vittore, il carcere di Milano, fino al 2013.
Gucci ieri e oggi
Il fascino dello stile di Gucci ha conquistato tutti. Se si pensa a Gucci negli anni Sessanta ad esempio vengono subito in mente le fotografie in bianco e nero delle dive degli anni Cinquanta e Sessanta: Sofia Loren, elegantissima in un cappotto bianco, mentre fa il suo ingresso nella boutique di Via Condotti a Roma, accompagnata da un codazzo di fotografi e ammiratori; Audrey Hepburn che, nello stesso negozio, fa shopping di valigie e bauletti; Ingrid Bergman che passeggia con la sua grazia serafica per le strade di Napoli in compagnia dei
figli e della governante, portando a mano una Bamboo Bag; ancora, Grace Kelly sorridente con al collo il foulard Flora, fatto disegnare appositamente per la principessa di Monaco; Jacqueline Kennedy con al braccio la borsetta Hobo, che, proprio in onore della sua prestigiosa ammiratrice, prenderà poi il nome di Jackie O.
Dagli anni Novanta in avanti, invece, il nome Gucci si associa a occhiali da sole voluminosi, T-shirt con il simbolo della doppia G, sneaker con la banda laterale a colori verde-rosso-verde, cappellini da baseball in tessuto canvas con stampa GG (sì, proprio così, non esiste altro nome per identificarla). Questo è infatti il Gucci degli anni 2000: non più solo pelletteria di alto livello, ma anche abbigliamento che guarda soprattutto ai giovani. È la “rivoluzione” avviata dallo stilista Tom
Ford e portata avanti, dal 2015, dal romano Alessandro Michele, l’attuale art director della maison. “Visionario della moda” (così ama definirlo la stampa), Michele è stato inserito dal Time, nel
2016, nella lista delle 100 persone più influenti del mondo.