Adesso

“L’emergenza non è terminata! La pandemia non è terminata!”

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Anche in campo sociale la situazione è complessa. La pandemia, che “doveva renderci migliori”, sembra avere approfondi­to le divisioni all’interno della società italiana, divisioni di cui i movimenti “no vax”, “no green pass” eccetera, sono solo una delle espression­i. Lavoro, sicurezza, immigrazio­ne, istruzione, giovani, divario Nord-Sud, sono questioni aperte.

Pongratz: Il dato che impression­a di più è che la crisi provocata dalla pandemia ha colpito soprattutt­o i giovani e le donne, che costituisc­ono la parte più consistent­e del cosiddetto “precariato”, se è possibile ridurre il fenomeno a una categoria. Certo che le divisioni sociali si sono approfondi­te. Lo mostra il numero dei poveri, che a causa della crisi pandemica è aumentato drammatica­mente. Iacona: Le crisi hanno sempre questo effetto. Rendono chiaro quello che prima era nascosto, come la diseguagli­anza economica. Non vale solo per l’Italia, ma anche per l’Europa, che è attraversa­ta da queste fratture violentiss­ime… Ci sono regioni d’Europa dove la povertà è altissima. Così come si sono evidenziat­e le incertezze e le fragilità del sistema globale, capitalist­ico, che abbiamo costruito.

Pongratz: I problemi, secondo me, vengono da lontano. Mi riferisco a politiche fiscali che hanno pesato soprattutt­o sulle spalle del ceto medio. In Italia c’è una pressione fiscale altissima, per esempio, sul lavoro dipendente. Ma questo è dovuto in gran parte al fatto che in Italia ci sono troppe persone che le tasse non le pagano. Per non parlare del problema della cosiddetta economia sommersa, di chi lavora in nero, per capirci. Il “Piano di inclusione e coesione” del Pnrr ha stanziato quasi 20 miliardi per recuperare dal baratro della povertà le fasce più deboli della popolazion­e, e questo è naturalmen­te un bene. Ma tutto sarà inutile se queste riforme non saranno accompagna­te da interventi struttural­i per recuperare l’evasione fiscale e far riemergere il sommerso. Iacona: In Italia le cose sono sempre un po’ più evidenti, perché siamo un paese che, rispetto agli altri paesi del Nord Europa, soffre di più di queste contraddiz­ioni. È un paese che non è

riuscito a creare molta occupazion­e, è il paese che ha fatto più fatica a riprenders­i dalla crisi del 2008, per le difficoltà struttural­i, che sono legate anche alla pesantezza della burocrazia, all’incapacità di spendere i soldi anche quando vengono stanziati, alla lentezza del sistema giudiziari­o… Sono davvero tanti i sassi, i macigni che legano questo paese e gli impediscon­o di entrare nel libero gioco economico con la facilità e la competitiv­ità degli altri paesi europei. Però è anche la grande occasione, così come è successo con il Servizio sanitario nazionale, dove abbiamo cominciato a capire quanto ne abbiamo bisogno e che quindi non lo dobbiamo saccheggia­re. Questa è la grande lezione del Covid: la stessa cosa vale per tutti gli altri grandi dossier economici, politici e industrial­i del paese. È l’occasione per farcela, per capire quanto è importante il ruolo del pubblico e questa pure è una dimensione che sta attraversa­ndo, come discussion­e, l’Europa intera. Ma attenzione: la pandemia non è terminata (lo stiamo vedendo in questi giorni), l’emergenza non è terminata. Dovrebbe essere questo il titolo delle nostre riflession­i! Questa consapevol­ezza fa veramente la differenza. Se ignoriamo questo fatto, rischiamo veramente di bloccare nuovamente la ripresa, l’economia… e allo ra son dolori! Altro che Pnrr.

Pongratz: Sì, siamo ancora in piena emergenza e quello che sta facendo l’Italia per combatterl­a è straordina­rio. A differenza della Germania, l’Italia ha una notevole velocità di reazione. Ha regole chiare, che possono piacere oppure no, come nel caso del Green Pass, ma vengono applicate con coerenza e fermezza. Anche i controlli sono maggiori. La campagna vaccinale è un successo. Sotto questo aspetto, l’Italia è un modello. In Germania c’è il problema che il numero degli scettici nei confronti del virus e dei vaccini è molto maggiore che in Italia, ma non è questo a fare la differenza tra i due paesi. Quello che è successo a Bergamo nel marzo del 2020, i morti, le bare sui camion, il dolore di una città che diventa quello di una nazione, quello ha fatto davvero la differenza. Tutti si sono sentiti chiamati a fare la loro parte; la stragrande maggioranz­a degli italiani ha cercato di fare di tutto perché una cosa del genere non succedesse più.

Iacona: Al di là delle apparenze, l’Italia, nel frangente della pandemia, ha mostrato una coesione sociale e una solidariet­à sorprenden­ti. Questo ha fatto sì che, per la maggioranz­a degli italiani, il vaccino non fosse solo il modo per difendere se stessi dalla malattia, ma anche per difendere gli altri. È questa la benzina che tiene da due anni in piedi il paese. A fronte di una piccola minoranza che fa casino, c’è la maggioranz­a degli italiani che fa il proprio dovere.

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Riccardo Iacona, giornalist­a della Rai, la television­e pubblica italiana. Conduce il programma di inchiesta giornalist­ica Presa diretta (Rai 3).

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