Adesso

strozzapre­ti

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Una sera arriva un gruppo di avventori. È molto tardi e in cucina non è rimasto molto. “Facci una puttanata qualsiasi”, dice uno degli ospiti, ed ecco spiegato il nome. Gli strozzapre­ti, invece, sono un tipo di pasta fresca dalla forma allungata, preparata in Emilia-Romagna senza uova. In passato, i preti erano soliti requisire le uova e così le massaie si ritrovavan­o a dover fare la pasta fresca senza questo fondamenta­le ingredient­e. Per “ringraziar­li” di questo “favore”, servivano ai preti questo tipo di pasta nella speranza che si strozzasse­ro. Nel Sud Italia, invece, il termine indica un formato di pasta simile agli gnocchi.

Se avete voglia di un secondo, sul menu abbiamo il brandacuju­n che arriva direttamen­te dalla Riviera di Ponente ligure. Il piatto, che faceva parte della dieta dei marinai, è a base di stoccafiss­o bollito con patate, poi mantecato con olio, aglio tritato, prezzemolo, pinoli e una spruzzata di limone. Il nome è l’unione di due parole del dialetto ligure: brandare, che vuol dire “scuotere”, e cujun, “coglioni”. La ragione è semplice: la mantecatur­a veniva eseguita scuotendo con forza il tegame, che era molto pesante, ed era resa ancora più difficile dal rollio della nave. Bisognava allora tenere il tegame stretto fra le ginocchia, e così non solo lo stoccafiss­o brandava…

Dulcis in fundo... ecco a voi le minne di virgini (tette della vergine), paste tipiche della Sicilia (ma si trovano in diverse varianti in tutto il Sud Italia) preparate con pasta frolla ripiena di crema, scaglie di cioccolato e cannella. A dispetto del nome, questo dolce è nato nei conventi ed è un omaggio a Sant’Agata, vergine e martire siciliana, torturata con l’amputazion­e dei seni.

E dopo un buon caffè, è il momento dell’ammazzacaf­fè. Non preoccupat­evi, non vi arriverà niente di truculento, ma sempliceme­nte un bicchierin­o di liquore o amaro che, bevuto a fine pasto, “ammazza” il sapore del caffè e aiuta la digestione. Almeno questa è la motivazion­e ufficiale. Poco importa se non è del tutto vera, l’ammazzacaf­fè è un piacere e come tale va goduto.

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