3 Immersi nella storia
Oggi entreremo in contatto con i Sanniti, quelli veri. O almeno con quello che ci hanno lasciato. Il Museo archeologico di Benevento e quello del Sannio Caudino, che si trova all’interno del castello di Montesarchio, sono solo l’antipasto. Consumeremo le portate principali in Molise, per la precisione a Pietrabbondante, dove si trova un parco archeologico di straordinario interesse. Ora, io nel Molise non sono mai stato, dunque non meravigliatevi della mia sorpresa nello scoprire, mentre lo attraversiamo in auto, un paesaggio suggestivo, fatto di colline costellate di tanti piccoli borghi, alcuni sulla cima, simili a corone di pietra, altri letteralmente aggrappati al fianco della montagna, proprio come Pietrabbondante, la nostra meta, che si trova a poco più di 1.000 metri sul livello del mare, sulle pendici del Monte Sarace no. La strada che sale fino al paese attraversa un’area boscosa e verso la cima lascia il posto a verdissimi prati, mentre la vista si apre sulla valle del Trigno e spazia fino al vicino Abruzzo. Si spiega perché, tra il IV e il I secolo a. C., i Sanniti Pentri scelsero queste alture per il loro santuario. Il parco archeolo gico è immerso nella luce e nel silenzio. È il vento a trasportarci indietro nel tempo. Ecco i resti del tempio maggiore, ed ecco l’anfiteatro. Enza Zullo, la direttrice del parco che ci accompagna nella visita, mi fa notare che le sedute sono ergonomiche, di pietra certo, ma comodissime. Altro che popolo rozzo e ignorante, come vengono descritti i Sanniti nelle fonti romane! “Gli scavi – continua la direttrice – stanno dimostrando esattamente il contrario”. La storia, si sa, la scrivono i vincitori, e i Romani, nonostante la vittoria finale e l’annessione di tutti i territori sanniti a Roma, con questo popolo hanno sempre avuto un conto aperto, a partire dalla sconfitta e dall’umiliazione
subita nella battaglia delle Forche Caudine, che non sono mai riusciti a dimenticare. I Romani, dal canto loro, di testimonianze ne hanno lasciate tantissime e sono visibili un po’ ovunque, a cominciare da Benevento [vedi ADESSO 2/2022]. Per scoprire un luogo davvero particolare, dove si mescolano resti antichi e più recenti in una specie di “continuità di vita” tra l’epoca romana e quelle successive ci dirigiamo a sud, verso l’antica Saepinum, in epoche più recenti conosciuta come Altilia. Siamo in provincia di Campobasso, alle falde del massiccio del Matese. In un contesto archeologico-naturalistico unico, i ruderi romani sono mescolati a gruppi di case coloniche costruite tra il XVII e il XVIII secolo con le pietre antiche. Enrico Rinaldi, il direttore del parco archeologico, ci spiega che qui, fino a non molto tempo fa, i pastori pascolavano le greggi tra le rovine, come in certi quadri della fine del Settecento. Solo grazie agli studi dello storico tedesco Theodor Mommsen, che aveva visitato il sito archeologico, si comincia a scavare seriamente, ma con discontinuità. La maggior parte dei resti viene portata alla luce a partire dagli anni Cinquanta. La città conserva praticamente intatta la cinta muraria di età augustea e le quattro porte di accesso. E ci sono i resti del teatro romano. Sono visibili il perimetro delle abitazioni e l’area del foro. Insomma, non si finisce mai. La cosa curiosa è che il parco archeologico è aperto. Mi spiego: non ci sono cancelli da superare, né biglietti da pagare. Perché? Semplice. Nell’area abitano ancora tre famiglie e hanno diritto di transito per raggiungere le loro case e i loro terreni. Almeno per il momento, l’area non è dunque recintabile.