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La focaccia “pugliese”? Non esiste!

Proprio così. La “focaccia pugliese” non esiste, perché si contano infinite variazioni, a seconda della città e della ricetta di famiglia. La più famosa è quella barese, tonda e arricchita di pomodorini e olive, sofficissi­ma, perché all’impasto preparato con la miscela di farina di semola e di tipo 00 si unisce una patata lessa schiacciat­a. Il fondo dev’essere però croccante e oleoso, il bordo leggerment­e bruciacchi­ato. I pomodorini, poi, non vanno assolutame­nte affettati sul tagliere, ma spezzettat­i in maniera irregolare in una ciotola, in modo da non perderne il succo e i semi. L’ideale è mangiarla calda, appena uscita dal forno, e “gustarla sul mare, per amplificar­e il piacere”, afferma Marilena, studentess­a della facoltà di Giurisprud­enza del capoluogo pugliese. “L’Università non è lontana dal lungomare, – continua – così, appena ho un’ora buca, passo alla Focacceria Atena o al Panificio

delle Sorelle Arciuli, uno dei più antichi della città, e poi tiro dritto per godermi il sole su una panchina”. I pomodori e le olive sono solo appoggiati sulla focaccia (guai a inglobarli nell’impasto!), dunque è saggio stare seduti mentre si mangia, perché “ogni boccone è un rischio per maglietta e pantaloni!”

Nel cuore della Puglia, ad Altamura, la focaccia si fa invece con un impasto di sola semola. Siamo nella patria del pane pugliese, considerat­o uno dei più buoni d’Italia, nel paese dove i forni rappresent­ano un’istituzion­e. In passato, infatti, ogni donna preparava l’impasto a casa e lo portava poi a cuocere nei grandi forni comuni, aspettando il proprio turno chiacchier­ando con le vicine. Pare che la focaccia sia nata proprio in uno di questi momenti di attesa, per placare i capricci dei bambini affamati. C’è poi

un’altra storia, più recente, che rende bene la bontà della focaccia locale. Nel 2001 McDonald’s aveva inaugurato ad Altamura una grande filiale, ma il colosso del fast food ha avuto vita breve accanto al Panificio Di

Gesù. Davide contro Golia: la celebre catena è stata costretta a chiudere, battuta dalle focacce del piccolo fornaio altamurano. Una vicenda talmente bella che nel 2009 è diventata un film-documentar­io, per la regia di Nico Cirasola, dal titolo Focaccia blues.

Mille e una… focaccia

Da un lato dello Stivale c’è la fugassa genovese, dall’altro la fcazz barese, nel mezzo tantissime varianti regionali. Se siete stati in Toscana, avrete sentito nominare la schiacciat­a. È molto simile alla focaccia genovese, ma meno unta e con pochi buchi, particolar­e che la rende ideale per i saporiti salumi e formaggi locali. Scendendo lungo lo Stivale, una sosta in Basilicata è l’occasione per assaggiare la fucuazza e la strazzata, entrambe specialità originarie del borgo di Avigliano (Potenza). La prima, condita con il pomodoro, è una sorta di focaccia altamurana, mentre la seconda è a base di farina integrale, pepe nero e origano, e si riconosce per l’inconfondi­bile forma a ciambella, che permette ai commensali di strazzare, ossia “strappare” facilmente con le mani la quantità desiderata. Si mangia farcita, per esempio con i delicati peperoni cruschi lucani. Poco più a sud, in Calabria, anche la pitta calabrese, tipica in particolar­e della zona di Catanzaro, è a forma di ciambella e si condisce volentieri con la ’nduja, il tradiziona­le salume piccante calabrese, verdure sott’olio o acciughe. La grupariata è invece tipica di Luzzi, un piccolo paese dell’entroterra, in provincia di Cosenza. Si distingue dalle altre varianti perché ha l’impasto rosso intenso, come il colore dei pomodori maturati al sole del Sud.

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