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DAL SUD, IL JAZZ CHE UNISCE

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Il jazzista Pasquale Innarella, 61 anni, è considerat­o uno dei 10 migliori sassofonis­ti italiani ed è apprezzato in tutta Europa. Dal 2000, con la cooperativ­a sociale Nuove risposte, insegna musica nelle periferie romane a giovani disagiati e ha formato un’allegra banda di ragazzi che mai avevano ascoltato o suonato uno strumento, la RusticaXBa­nd.

Quando nasce il tuo amore per la banda musicale?

Vengo da Lacedonia, un piccolo paese della Campania, in provincia di Avellino. A 11 anni andai dal maestro Michele Lannunziat­a, che dirigeva e insegnava musica ai ragazzi per inserirli nella banda del paese, e iniziai a suonare alle procession­i e alle feste religiose. Sono rimasto con loro fino ai 17 anni.

Dove hai visto la banda per la prima volta?

Durante le feste. La mattina suonava per le strade del paese per annunciare la festa e io la seguivo sempre e mi emozionavo tantissimo ascoltando la sua musica. Il pomeriggio, la banda si dedicava alla procession­e del santo e la sera, dopo cena, saliva su un palco e suonava le arie delle opere di Verdi, Donizetti, Rossini, un repertorio di musiche dove gli strumenti prendevano il posto dei cantanti. Ad esempio, la voce di soprano e la melodia che il soprano esprime in un’opera viene ripresa dal flicornino, la voce di tenore dal flicorno baritono, ecc. Questi erano i solisti e tutta la banda svolgeva un ruolo di orchestra esclusivam­ente di strumenti a fiato.

La banda che ruolo ha, secondo te?

La banda è la colonna sonora di una comunità. Un paese o un quartiere di una città senza banda è una comunità monca, è una comunità a cui manca la colonna sonora. La banda è un catalizzat­ore e uno stimolator­e di emozioni sia per chi ne fa parte sia per chi la incontra per strada.

C’è una differenza fra le bande del Nord, del Centro e del Sud?

Tutte usano gli strumenti a fiato, poi si diversific­ano nel repertorio, che al Nord è fatto di melodie popolari del posto; le bande del Sud si dedicano invece alle feste religiose e all’esecuzione di brani di musica classica e operistica. Quelle del Centro si dividono un po’ a metà.

Possiamo affermare che la banda è ed è stata una salvezza per i ragazzi dei piccoli paesi del Sud, ad esempio?

La banda è sempre stato un punto di riferiment­o per tutti i ragazzi, soprattutt­o nel periodo della preadolesc­enza, quando vanno alla ricerca delle proprie competenze per realizzare e costruire la propria personalit­à.

Con quali scopi è nata la RusticaXba­nd?

Lo scopo è di offrire ai ragazzi e ai bambini del quartiere l’opportunit­à di misurarsi con la musica, di migliorare la socializza­zione tra minori e di dare un’opportunit­à per scoprire la profession­e del musicista a chi pensa di continuare. Circa 400 ragazzi hanno fatto parte della banda nel corso degli anni e oggi suonano in diverse situazioni che vanno dall’orchestra classica a gruppi rock e jazz.

Cosa imparano i ragazzi?

Imparano a suonare uno strumento vero e a conoscere il jazz. Non a caso lo scorso anno abbiamo vinto l’European Jazz Award. Ma soprattutt­o apprendono un metodo di studio che li aiuta anche in altri campi. E poi, quando vengono qui a suonare, ci chiedono anche un aiuto per i compiti di scuola e noi glielo diamo sempre molto volentieri.

Che metodo di insegnamen­to usi?

Le propedeuti­che musicali me le sono inventate. Con i più piccoli utilizzo le percussion­i, insegno loro a realizzare delle cellule ritmiche che poi, messe insieme, danno vita a un vero e proprio gruppo di sole percussion­i; man mano che crescono, dai sette anni in su, i ragazzi cominciano a usare gli strumenti musicali che loro stessi scelgono. Ma possono cambiare quando vogliono e cercare sempre il suono che li rappresent­a al meglio. Nulla è mai definitivo e tutto è un’occasione di crescita per i ragazzi. Non tutti devono essere musicisti, ma spero che tutti loro diventino uomini e donne migliori.

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