Adesso

MA NON VORREI CHE TU A MEZZANOTTE E TRE STAI GIÀ PENSANDO

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è più facile da individuar­e, vero?

Sì, a volte il gioco al ribasso con la lingua sembra voluto, quasi un modo per strizzare l’occhio al pubblico, visto che proprio i più grandi non rinunciano almeno a una sgrammatic­atura. Nel brano Un senso (2004), Vasco Rossi inserisce un errore di concordanz­a più che grossolano: “Voglio trovare un senso a tante cose, anche se tante cose un senso non ce l’ha”. Lo stile di Vasco Rossi è piuttosto trascurato, si sa, ma non si tratta solo di stile, perché anche il composto Lucio Battisti, per fare un esempio, aveva infilato in un suo famosissim­o brano del 1976, Ancora tu, una frase più che sbagliata: “Ancora tu... ma non dovevamo vederci più?”. Neanche per gli italiani è facile correggerl­a, perché la si ascolta da così tanto tempo che quasi non ci si rende più conto che manca un non… Un altro importante personaggi­o della musica italiana, Francesco De Gregori, in una sua celebre canzone del 1982, La leva calcistica del ’68, commette un errorino che gli viene perdonato per la bellezza del brano, divenuto ormai un classico: “Sono innamorati da dieci anni con una donna che non hanno amato mai”: da quando si è innamorati con qualcuno? Nino Bo nocore ci offre in Scrivimi (1990) un tipico errore “da straniero”: “A me basta di sapere che mi pensi anche un minuto”. Il fatto è che in musica certi errori linguistic­i vengono percepiti più come “licenze poetiche” che come veri e propri strafalcio­ni.

E allora? Anzitutto godiamo delle canzoni italiane e poi impariamo la lingua correggend­o i cantanti e cantando con loro.

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