INCLUSIONE: TUTTI SONO BENVENUTI
UNA MODA PIÙ ESCLUSIVA CONDUCE AD UNA MAGGIORE ESCLUSIONE. I RETAILER DOVREBBERO INVECE IMPEGNARSI A FAVORE DELLA DIVERSITÀ E DELL’INCLUSIONE?
REPORT
Le recenti proteste del movimento Black Lives Matter hanno spinto molte aziende a seguire quelle imprese che, in numero sempre maggiore, si sono impegnate per promuovere la diversità e l’inclusione. Ma c’è ancora molta strada da fare, soprattutto nel settore della moda. Età, taglia, genere, etnia, religione, disabilità: molte persone non rientrano nei canoni e si sentono escluse – come potenziali clienti, dipendenti, o entrambi.
Adesso cresce la pressione sui brand della moda affinché facciano di più per promuovere la diversità e l’inclusione. Uno studio condotto da McKinsey, ‘Lo stato della moda 2020’, è giunto a questa stessa conclusione: il 2020 segna uno spartiacque per la ‘Cultura Inclusiva’, quella in cui razze, generi ed orientamenti sessuali diversi ottengono pieno riconoscimento.
Essere diversi e inclusivi paga: i processi di assunzione sono più facili, perché i potenziali dipendenti vogliono lavorare in aziende che abbiano una immagine positiva, inoltre è dimostrato che questo migliora le performance di squadra, e i consumatori più giovani in particolare vogliono potersi riconoscere nei valori di un’azienda. Nelle imprese più grandi ora esistono dei responsabili che si occupano della diversità e hanno il compito di creare una cultura più inclusiva. Il loro ruolo non consiste soltanto nel rendere il personale più variegato – dirigenti compresi – ma anche nel migliorare l’immagine pubblica di un’azienda, per evitare che certe campagne di marketing sconsiderate, come le recenti gaffes commesse da diversi marchi affermati, si trasformino in costose crisi di immagine.
Il designer americano Tommy Hilfiger sta dando l’esempio. Alla fine di maggio, ha creato il programma ‘People’s Place’ a sostegno di Neri, Indigeni e Persone di Colore (BIPOC) che lavorano nell’industria della moda e nell’industria creativa, ed ha promesso un finanziamento annuale da 5 milioni di dollari. In più, Tommy Hilfiger è uno dei pochi brand premium a produrre già una collezione, lanciata nel 2017, per persone in sedia a rotelle e con altre disabilità.
Offrire una moda che risponda alle esigenze di ogni gruppo target potrebbe non essere conveniente per tutti i retailer, ma anche i piccoli cambiamenti possono fare la differenza: per esempio inserire nella propria gamma dei look versatili, come i tagli gender-neutral, oppure offrire ai clienti un servizio di modifica dei capi, o ancora scegliere modelli che rappresentino varie tipologie di corporatura. E poi, trattare tutti i clienti senza pregiudizi e senza farsi influenzare dalla prima impressione che si ha di loro. Questo vale anche per i post sui social media: prima di postare un’immagine, assicuratevi che non sia potenzialmente offensiva per qualcuno e se lo è, non pubblicatela, non ne vale la pena – fosse anche la più bella foto del mondo.
Qual è la posizione della vostra azienda sull’inclusione? Forse la vostra prima reazione sarà: “La discriminazione non è un problema.” Se è così, complimenti! Ma di solito non è (proprio) così. I complimenti però ci stanno comunque: avete già fatto un primo passo verso una maggiore integrazione.
*si è scelto di usare la forma maschile ovunque per una migliore leggibilità