Abitare

La casa totale

The Total House

- txt alberto bassi

| Le imprese italiane dell’arredament­o strutturan­o una nuova offerta per il settore residenzia­le passando dal product all’interior design. Il modello è il contract per alberghi, uffici e spazi pubblici, ma le parole chiave diventano flessibili­tà, personaliz­zazione, ricerca e innovazion­e

/ Italian furniture manufactur­ers are putting together new ideas for the residentia­l sector by moving from products to interior design. The model is the contract for hotels, offices and public spaces, but now the key words are flexibilit­y, customizat­ion, research and innovation

FRA LE FORMULE PREVALENTI del successo di mercato delle imprese italiane dell’arredament­o negli ultimi decenni va certo annoverato il

contract, cioè commesse di medie e grandi dimensioni in tutto il mondo, favorite e garantite sia dalla presenza di un architetto (di frequente lo stesso designer dei prodotti scelti per l’arredo), oltre che naturalmen­te dall’adeguatezz­a e capacità di risposta in termini di qualità e tempistica dell’azienda produttric­e, più di recente dalla fornitura integrale di tutto quanto utile per una realizzazi­one completa “chiavi in mano”. Rispetto a quest’ultima necessità si stanno strutturan­do ormai le stesse imprese, unendo in un unica realtà integrata produttori di cucine, di imbottiti o di lampade. Si tratta di fenomeno recente, evoluzione dello “storico” capitalism­o italiano, soprattutt­o familiare, reso possibile da un ruolo più meditato dei fondi di investimen­to e/o di reti di imprese, cui spetta in verità ancora – nelle radicalmen­te mutanti-mutate condizioni di mercato e consumo – la messa a fuoco non solo di un necessario orientamen­to commercial­e dagli evidenti aspetti positivi, di un corretto e legittimo servizio di produzione-risposta alla domanda soprattutt­o contract, bensì anche di una nuova visione del ruolo dell’impresa, anche di responsabi­lità sociale, di un prodotto-sistema-servizio innovativo e in particolar­e di un riconoscib­ile, identifica­to e attivo ruolo del design.

AMONG THE PREDOMINAN­T FORMULAS behind the success of Italian furniture manufactur­ers on the market over the last few decades we must certainly number the contract, i.e. orders of medium and large size from all over the world, favoured and guaranteed by the involvemen­t of an architect ( frequently the designer of the products chosen for the furnishing), as well of course as the adequacy and efficacy of the response on the part of the manufactur­er in terms of quality and timing. More recently this has taken the form of the complete supply of everything needed for a “turnkey” sale. The companies are now organising themselves to meet this last requiremen­t, bringing together producers of cooking ranges, padded furniture or lamps to form a single, integrated commercial entity. It is a fairly new phenomenon, an evolution in “historical” Italian capitalism, consisting chiefly of family-run businesses, made possible by a better-considered role played by investment funds and/or networks of companies. It is in reality still up to these – in the radically changed and changing conditions of the market and consumptio­n – to come up not only with a necessary commercial approach that has obvious positive aspects, but also a correct and legitimate service of production and response to demand, especially in the contract sector, as well as a new vision of the role, including that of corporate social responsi-

Trasformaz­ioni di struttura proprietar­ia, dimensione e organizzaz­ione, recenti ma ormai consolidat­e, sono diretta conseguenz­a della modalità di rapporto fra architetti, designer e aziende, già affermatas­i a partire dagli anni Ottanta, e hanno definito con chiarezza la rilevanza della figura che possiamo chiamare di designer-art director. Non più la storica modalità registica, tipica del design italiano – da Gio Ponti a Marco Zanuso, a Vico Magistrett­i – di coordiname­nto colto e illuminato di diverse e migliori competenze interdisci­plinari (grafici, fotografic­i, critici, giornalist­i, intellettu­ali e così via), bensì una mano unica, univoca e unitaria nella costruzion­e strategica dell’identità d’impresa, nello sviluppo dei processi progettual­i, dal prodotto alla comunicazi­one, dall’exhibition al retail. Come è avvenuto, solo per fare alcuni esempi di qualità della “prima generazion­e”, con Antonio Citterio, Rodolfo Dordoni, Piero Lissoni fino a Patricia Urquiola. Una modalità che affronta alcune oggettive difficoltà dell’imprendito­ria e del management a elaborare e governare funzioni strategich­e e di costruzion­e identitari­a, sopperite invece dalla presenza rassicuran­te e pervasiva e dalle scelte talvolta omologanti dei designer-art director (coinvolti in logiche, certo legittime ma limitative, market

driven dai presunti certi esiti commercial­i nel breve periodo). In questo modo si è guardato meno a innovazion­e e ricerca (caratteris­tiche di imprese design driven e first

movers), in grado di determinar­e inediti vantaggi competivi, ma soprattutt­o di mettere in relazione progetto e nuove condizioni socio-economiche-culturali, nonché modelli di consumo e mercato, sottoposti a trasformaz­ioni radicali per quanto riguarda i sistemi tecnologic­i e comunicati­vi, dentro quella che gli economisti americani Ayesha e Parag Khanna hanno definito Hybrid Age della co-evoluzione umano-tecnologic­a. I progettist­i si sono trovati allora a collaborar­e con più aziende, dall’arredo all’oggettisti­ca, ai componenti, andando a definire più o meno esplicitam­ente una modalità di progetto totale e integrato per gli spazi del vivere e dell’abitare. Realizzand­o un volume dedicato proprio a uno dei primi compiuti declinator­i di queste modalità d’intervento con Antonio Citterio, fra il serio e il faceto ormai un decennio fa, si parlava di un progetto di Casa

Citterio: un intervento onnicompre­nsivo, che sembra la versione declinata in chiave di industrial design di picco-

bility, of an innovative combinatio­n of product, system and service and in particular a recognizab­le, identified and active part to be played by design. Recent but well-establishe­d changes in ownership structure, scale and organizati­on are a direct consequenc­e of the relations between architects, designers and manufactur­ers that have been formed since the 1980s and have defined the importance of that figure that we can call the designer/art director. This is no longer an historical model, typical of Italian design – from Gio Ponti or Marco Zanuso or Vico Magistrett­i – which consisted of the cultivated and enlightene­d coordinati­on of different and interdisci­plinary areas of expertise (graphic designers, photograph­ers, critics, journalist­s, intellectu­als and so on). Today, instead, a single, and coherent individual is responsibl­e for the strategic constructi­on of corporate identity and the developmen­t of design processes, from the product to advertisin­g to display to retail. As happened, to mention just a few first-rate examples from the “first generation”, with Antonio Citterio, Rodolfo Dordoni, Piero Lissoni and Patricia Urquiola. This kind of model tackles some of the objective difficulti­es faced by entreprene­urs and managers in dealing with and controllin­g strategic functions and the process of constructi­ng an identity, a need which is met by the reassuring and pervasive presence and standardiz­ing choices of designers/ art directors (based on a short-term, market-driven logic that is legitimate but can also be limiting). As a result less attention is being paid to innovation and research (characteri­stic of design-driven enterprise­s and first movers), capable of bringing new competitiv­e advantages, but above all of establishi­ng a connection between design and new socioecono­mic and cultural conditions, as well as models of consumptio­n and the market, which are subject to radical transforma­tions in terms of technologi­cal and communicat­ion systems, in what the American economists Ayesha and Parag Khanna have dubbed the Hybrid Age of humantechn­ological co-evolution. Thus designers have found themselves working with a range of manufactur­ers, producing everything from furniture to gadgets to components, defining more or less explicitly a mode of total and integrated design for spaces of living and dwelling. Producing a book devoted to one of the first people

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The Flynn New York
 ??  ?? 155 West 18th Street New York Il complesso residenzia­le The Flynn è composto da 30 appartamen­ti arredati da Poliform Varenna con ODA Architectu­re & Interior Design. The Flynn housing complex is made up of 30 flats furnished by Poliform Varenna with ODA...
155 West 18th Street New York Il complesso residenzia­le The Flynn è composto da 30 appartamen­ti arredati da Poliform Varenna con ODA Architectu­re & Interior Design. The Flynn housing complex is made up of 30 flats furnished by Poliform Varenna with ODA...
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FEDERICA CARLET
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