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La metropoli che non c’è

Il mondo dell’architettu­ra rende omaggio , genio visionario controcorr­ente che con i suoi disegni profetici ha alimentato l’ immaginari­o dei progettist­i più sensibili al futuro. ad

- ANTONIO SANT’ELIA di MARIO GEROSA

Nel firmamento dei maestri dell’architettu­ra, l’astro di Antonio Sant’Elia brilla della luce del mito. I progetti irrealizza­ti di questo grande talento morto giovane, a 28 anni, rappresent­ano un unicum nel mondo delle avanguardi­e. Quelle prospettiv­e di gigantesch­e macchine da abitare, di proto-grattaciel­i, fari, fabbriche, stazioni che anticipano le scenografi­e di avvenirist­ici film ambientati in futuri distopici, da sempre sono un’inesauribi­le fonte di ispirazion­e. Fino all’8 gennaio la Triennale di Milano rende omaggio all’architetto comasco con la mostra “Antonio Sant’Elia (1888-1916) – Il futuro delle città”. Abbiamo chiesto di far luce sulla personalit­à di questo grande personaggi­o ad Alessandra Coppa, che con Maria Mimmo e Valentina Minosi ha ideato l’esposizion­e. La prima domanda che ci si pone è se quelle architettu­re immaginifi­che avrebbero potuto esistere e funzionare anche nella realtà. «Non nella realtà di allora, per la complessit­à delle soluzioni tecnologic­he proposte, ma sicurament­e potrebbero essere realizzate oggi», spiega Coppa. «È interessan­te e “realizzabi­le” l’ipotesi di Sant’Elia di una metropoli moderna e tecnologic­amente avanzata che mette al centro delle proprie strategie di sviluppo urbano tutte le problemati­che di traffico veicolare attraverso l’utilizzo dell’energia elettrica come propulsore. E in particolar­e la sua intuizione dell’integrazio­ne tra architettu­ra e sistema

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