POCHE PAROLE, MOLTI FATTI — Una mostra al Mercanteinfiera di Parma ricorda FRANCO ALBINI, figura di spicco dell’architettura e del design.
Franco Albini (1905-1977). Nel 1955 vinse il Compasso d’oro 1955 con la poltroncina Luisa ( per Poggi, ora prodotta da Cassina). Al Mercanteinfiera di Parma si tiene una mostra su di lui intitolata “La sostanza della forma” (30/9-8/10).
Venezia anno 1765, doge è quel buonuomo di Alvise IV Giovanni Mocenigo. La Serenissima non gode di buona salute, vive in un rassegnato assopimento le pagine finali della sua storia millenaria. In questo clima di poche luci e molte ombre c’è tuttavia un uomo che vuole rischiare. Si chiama Geminiano Francesco Antonio Cozzi, 37 anni, viene da Modena. S’intende assai di porcellana e, dopo un’esperienza nella manifattura dei sassoni Friedrich e Hewelcke chiusa nel 1763, vuole mettersi in proprio. Il momento in questo senso è propizio. La guerra tra produttori combattuta a colpi di spionaggio industriale è finita, Meissen resta il faro, ma in Laguna c’è un mercato che le manifatture tedesche, francesi e italiane non riescono a intercettare. A San Giobbe Cozzi fonda la fabbrica: di idee ne ha tante. In primis quella di impiegare il caolino del Trentino anziché terre di importazione: una novità che piace ai vertici della Repubblica e aggiunge una bellezza unica ai suoi pezzi. Poi quella di sdoppiare la produzione con una linea per l’aristocrazia e i grandi eventi e una, più a buon mercato, per borghesi e popolani. Diversifica pure gli stili, cercando di adattarsi all’altalena delle mode, si dedica alla ceramica “a uso orientale”, fa maiolica alla maniera di Strasburgo e di Marsiglia, fa terraglie “a uso d’Inghilterra” e le “piastrelle da camin a uso Olanda”. Non imita però pedissequamente i modelli, li declina a suo genio, introduce inediti decori vegetali, paesaggistici, geometrici, bucolici e artistici nonché colori modernissimi: i suoi piatti, coppe, zuppiere, alzate, servizi da tè, stoviglie varie e statuette diventano un must sulle tavole della gente che conta come pure nei caffè e negli alberghi di qualità. A Venezia ma anche altrove talché al Victoria & Albert Museum di Londra si trova un bellissimo piatto siglato “Fabbrica Cozzi 1780” che raffigura famosi dipinti di Palazzo Ducale. Innovativa è anche la promozione dei prodotti a mezzo stampa, una trovata audace e lungimirante che si sposa con quella del logo: un’àncora rossa apposta su ogni pezzo. L’azienda tocca l’apice del successo nei primi anni ’80: allora arriva a contare addirittura “ottantatré Capi di famiglia, divenuti maestri nelle rispettive mansioni dell’arte” (Barbantini, 1936). Poi un lento declino, le difficoltà finanziarie in sintonia con quelle di tutta la Serenissima, i cambi di ragione sociale e di assetti societari, le cambiali non onorate: il tutto senza però cedere di un ette in fatto di eccellenza produttiva. Cozzi muore nel 1798. Gli sopravvivono a gestire la fabbrica il fratello Vincenzo, suo braccio destro che manca nel 1804, e la moglie Antonia Caterina risposatasi nel 1799, che scompare nel 1812 non prima di aver trasferito a Richard Ginori i segreti di fabbricazione di Cozzi. Un marchio e un patrimonio creativo straordinari cui oggi l’imprenditore Antonio Tognana ha deciso di dare una seconda vita. Auguri.