Benvenuti ai tropici
Citazioni d’archivio e influenze eclettiche nel progetto presentato da in occasione di Design Miami.
in alto: lampada in pergamena, uno degli oggetti disegnati da Chiara Andreatti per il progetto presentato da Fendi lo scorso dicembre a Miami. sotto: il tessuto del divano riprende il motivo un classico della casa. a destra: la sedia a dondolo con elementi in cuoio ocra (altro rimando a Fendi). Ai primi di dicembre, ogni anno, a Miami Beach arrivano Art Basel Miami Beach e Design Miami. Una settimana di cultura e di party, resi ancora più glamour dal clima tropicale della città: un appuntamento che per Fendi, da dieci anni, costituisce l’occasione per portare avanti un percorso di ricerca sui nuovi talenti del design. Un’operazione di grande respiro e caratura. La protagonista di questa edizione-anniversario è stata Chiara Andreatti col progetto curato da Maria Cristina Didero: un salotto dove elementi del vocabolario visivo di Fendi (materiali, colori, lavorazioni) sono stati reinterpretati in una chiave multiculturale, dove influssi diversi, incontrandosi, creavano un’immagine affascinante. «Il punto di partenza è stato l’archivio storico di Fendi, all’interno del quale mi sono concentrata sugli anni che vanno dai ’50 ai ’70», spiega la designer. «L’idea per il top dei tavoli, in canne di bambù raddrizzate e accostate, è venuta dalla pelliccia dove le pelli erano lavorate secondo questa geometria. Il motivo del divano è una citazione del che per anni è stato il loro pattern-icona, e che ho sviluppato in velluto insieme a Silvia Venturini Fendi. Nelle lampade in pergamena ho usato una lavorazione ripresa dalla borsa per i cuscini della sedia a dondolo ho scelto un cuoio color ocra, un colore che è un po’ un loro simbolo. Ho voluto che in ogni oggetto ci fosse un dettaglio dal loro archivio». Ci sono molti richiami alla storia del design: Gabriella Crespi, regina dello stile anni ’70; Koloman Moser e Josef Hoffmann (figure di spicco della Wiener Werkstätte, movimento estetico degli anni ’10). «Un mix di linguaggi che mi appartengono, tutti», prosegue. «Ho cercato di creare un lusso primitivo, ispirato all’Africa. Un’eleganza primordiale, fatta di materiali magari poveri. Ma con dettagli che evocano il calore e lo stile di una grande casa di moda».