Una ricognizione sull’identità delle città del nostro Paese nel PADIGLIONE ITALIA.
Un viaggio attraverso le piccole realtà urbane delle aree interne tra storia, contemporaneità e paesaggio: è questo ARCIPELAGO ITALIA.
Erano state le periferie il fulcro del progetto di TAMassociati nel 2016. Per questa 16a Mostra Internazionale di Architettura di Venezia saranno invece le aree interne del Paese, ovvero il 60% del territorio, abitato dal 25% della popolazione, al centro del Padiglione Italia curato dall’architetto Mario Cucinella. Lontane dai centri di servizio essenziali, spesso a elevato rischio sismico, fragili a causa dello spopolamento e dell’invecchiamento dei residenti, sono loro l’Arcipelago Italia che dà il nome al padiglione della Biennale. «Le città metropolitane offrono, sulla carta, grandi opportunità, ma portano con sé enormi problematiche. Le aree interne sono il polmone del Paese, sia come risorsa ecologica, sia dal punto di vista della socialità. Sono la nostra vera ricchezza: è l’Italia frammentata in migliaia di piccole città che esprime meglio la propria forte identità», dice Cucinella. «Su questa identità si fondano per esempio il turismo ecologico o l’agricoltura biologica, che danno un grande valore aggiunto alle aree interne. Certo, perché facciano rete e diventino sostenibili, necessitano di un sistema di trasporti razionale». Il padiglione racconta in otto itinerari, un po’ come le vecchie guide turistiche, quest’Italia fatta sia di borghi sconosciuti e bellissimi sia di architetture contemporanee. E lancia cinque progetti sperimentali riguardanti altrettante aree interne: il superamento del modello architettonico degli ospedali, con la costruzione di nuovi spazi per la cura e la degenza della popolazione anziana nella piana di Ottana nella Barbagia sarda; la tutela del patrimonio artistico a Gibellina, nella Valle del Belice, con l’intervento già avviato nell’incompiuto teatro di Pietro Consagra; la viabilità lenta e veloce negli scali ferroviari di Ferrandina e Grassano a Matera; la ricostruzione di Camerino, colpita dal terremoto del 2016; il rilancio della filiera produttiva del legno nel Parco delle Foreste Casentinesi nell’Appennino tosco-emiliano. «L’architettura può fare molto, perché il nostro è un lavoro di responsabilità sociale nei confronti del paesaggio. Il padiglione ha anche questo ruolo politico: individuare le criticità, proporre soluzioni. Attraverso la creatività e la progettazione si possono risolvere molti problemi», spiega l’architetto. Come? Mettendosi in ascolto: «Per capire dove si è spezzato quello che per secoli ci ha permesso di interpretare i desideri dei territori e trasformarli in architettura». Non è una denuncia, ma una proposta di intervento: l’architetto, con la sua vocazione umanistica, si mette al centro di una squadra di tutor, urbanisti, architetti, fotografi e istituzioni, che insieme concorrono a progettare un futuro possibile, diventando strumento di discussione e ausilio anche per le comunità e gli amministratori locali.