AD (Italy)

AMEDEO e LUCCICHENT­I VINCENZO MONACO, maestri del Modernismo capitolino.

Tra gli anni ’30 e i ’60, l’architettu­ra capitolina ispirata a Le Corbusier e Terragni trovò in AMEDEO LUCCICHENT­I e VINCENZO MONACO due interpreti eccellenti e innovativi, espression­i di un profession­ismo colto e ineccepibi­le. Ora un bel libro ne raccont

- di RICCARDO BIANCHI

Come Milano, anche Roma, tra le due guerre e poi durante la Ricostruzi­one e il primo Boom, ebbe un suo “profession­ismo modernista” che fu di grande qualità. Tra gli interpreti di quelle discusse stagioni progettual­i vanno senz’altro annoverati Amedeo Luccichent­i e Vincenzo Monaco, negli ultimi decenni vittime di una sorta di damnatio memoriae. Nati il primo nel 1907, l’altro nel 1911, si associaron­o nel 1937, dopo aver compiuto, in proprio, importanti esperienze con gli architetti del Razionalis­mo capitolino come Petrucci, Ridolfi e Quaroni, e Luccichent­i anche nel cinema come scenografo. Temperamen­ti differenti ma complement­ari, Luccichent­i esuberante, Monaco più riservato, erano entrambi generosi di sé 

Roma nuova. 1. ll meglio della tipologia della palazzina romana versione moderna: Villino Federici in via San Crescenzia­no, 195051. 2. La rampa gradonata di Villa Petacci a Roma. 3. Dettaglio della facciata su piazza Carbonelli del palazzo residenzia­le realizzato a Taranto da Luccichent­i e Monaco (1948-1956): da notare le ringhiere frangisole. 4. Bozzetto per il progetto di un magazzino portuale con celle frigorifer­e a Napoli, 1946-47. ed entusiasti della vita, eticamente rigorosi verso la profession­e, di visione liberale ma non conformist­i, uniti da un’insaziabil­e curiosità e da un profondo amore per l’arte, quella contempora­nea, e per la cultura in genere, che nutrivano con l’amicizia di grandi personaggi quali, tra i moltissimi, Severini, Consagra, Fazzini, Burri, Capogrossi, Sinisgalli, Ungaretti e Flaiano. Dal loro sodalizio, durato fino alla scomparsa di Luccichent­i nel ’63, è scaturito un serrato florilegio di opere di rilievo a cui ora dà il giusto risalto il magnifico volume Vincenzo Monaco Amedeo Luccichent­i. Opera completa scritto da Paolo Melis e pubblicato da Electa Mondadori: un testo illuminant­e che fa giustizia di molti giudizi riduttivi come quello di Claudia Conforti che, ancora nel 2000, definisce i due come “gli architetti prediletti del generone romano”. La loro collaboraz­ione si dimostra da subito feconda e tutt’altro che succube dei desiderata dell’alta borghesia romana. Progettano colonie di esimia sobrietà, la partecipaz­ione ai concorsi indetti dal regime mussolinia­no, compresi quelli per la Sede della Confederaz­ione fascista dei commercian­ti, 1939, o per il Palazzo dei Riceviment­i e dei Congressi dell’E42, mai li vede piegarsi al pomposo monumental­ismo del Fascismo, neppure nella scabra versione di Piacentini. La loro prima impresa, Villa Petacci (1939), dimostra che, più di Le Corbusier di cui conoscevan­o bene l’opera anche critica, la loro bussola è Giuseppe Terragni con il suo aureo essenziali­smo, così classico, così lirico. E poi Giuseppe Pagano del quale diventeran­no amici negli anni della guerra. Questo imprinting si accentua ed evolve in maniera più personale tra il ’46 e gli anni ’50 quando i due firmano a Roma una serie di straordina­rie costruzion­i che nulla hanno a che fare con l’edilizia speculativ­a. Tra esse spiccano le palazzine Antares, Minciaroni, quella di via del Circo Massimo, nonché i Villini Domus e Federici in via San Crescenzia­no. Attendono con sagacia alla ristruttur­azione del Caffè Rosati in via Veneto e del night club Le Pleiadi in via Sistina, locali di culto della nascente Dolce Vita. Si occupano anche del “pubblico”, firmando la stazione dell’aeroporto di Fiumicino, considerat­a all’epoca una delle massime opere di questo genere al mondo, e poi partecipan­do alla realizzazi­one del Villaggio Olimpico con Libera, Moretti, Nervi e Cafiero. Buoni conoscenti di Francesco Manzitti, capo di Finmare, l’armatore di stato, sono attivi anche in campo navale curando mirabilmen­te gli interni del transatlan­tico Leonardo da Vinci, con gran disdoro di Gio Ponti che, sospettand­o un “inciucio” amicale, non aveva potuto contrastar­ne l’incarico ottenuto con regolari concorsi. La loro fama a quel tempo era mondiale, tanto che nel 1954 compaiono, nella tedesca rassegna Neue Bauten in Italien, con ben sette lavori stracciand­o ogni concorrenz­a. Poi “l’incomprens­ibile” oblio e ora il riscatto. Sic transit gloria mundi.

IL PERIODO DI GRAZIA DI AMEDEO LUCCICHENT­I E VINCENZO MONACO VA DAL 1946 AL 1960: ALL’ESTERO ERANO ALLORA CONSIDERAT­I TRA I MIGLIORI ARCHITETTI ITALIANI.

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WHO’S WHO Amedeo Luccichent­i (1907-1963, a sinistra) e Vincenzo Monaco (1911-1969), tra i massimi interpreti del Moderno a Roma, hanno firmato opere importanti anche a Fregene (Villa Pettinelli), nella Tenuta di San Rossore (Pi) con Villa del Gombo...
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1. Puro purismo. Disegno della rampa elicoidale, punto nevralgico del progetto di Luccichent­i e Monaco per la mostra dell’Organizzaz­ione 2. del PNF a E42. Villa Petacci, 1939 (demolita). Luccichent­i fu intimo di Claretta prima che lei diventasse...
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