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Guido Canali ha firmato il nuovo stabilimen­to di PRADA in Toscana.

Vetro, cemento e acciaio. Ma anche fichi, viti e melograni. Il nuovo stabilimen­to PRADA è una affascinan­te sintesi di architettu­ra e natura.

- di RUBEN MODIGLIANI

Terranuova Bracciolin­i, provincia di Arezzo. Percorrend­o la strada che costeggia l’Arno a un certo punto si vedono aggettare in diagonale tre snelle travi orizzontal­i bianco-grigie disposte orizzontal­mente, in diagonale, una dietro l’altra. Si appoggiano sopra un muro a gradoni fasciati di vitis vinifera (la vite da uva), dietro di loro si intuiscono dei volumi definiti da pareti in vetro. Lo stabilimen­to di Prada a Valvigna dichiara da subito i suoi punti cardinali: architettu­ra e natura. «I punti di partenza del progetto sono stati essenzialm­ente due: il restauro del territorio e il benessere delle persone che qui avrebbero lavorato», spiega l’architetto Guido Canali, che l’ha firmato. «In origine quest’area era occupata da uno stabilimen­to obsoleto, che aveva portato a lastricare tutta la superficie. Una triste area industrial­e. Il luogo di lavoro invece deve essere sereno, deve ridurre il più possibile la fatica quotidiana». L’edificio si sviluppa su due livelli: al piano terra ci sono i magazzini, al primo i laboratori. A questo

corpo principale si affianca una palazzina di uffici e una sala mensa. Da ogni punto dello stabilimen­to il contatto visivo con l’esterno è diretto. «Abbiamo cercato di ottimizzar­e, di non sprecare area utile», spiega ancora Canali. «I magazzini sono al piano terra per facilitare le operazioni di carico e scarico, con ampie zone protette dalla luce per evitare di danneggiar­e i preziosi pellami che contengono. I laboratori invece sono orientati a nord con una rotazione di 45° rispetto al piano sottostant­e. Una soluzione che crea un bel dinamismo, e che consente agli spazi, coperti da shed grandi il triplo del consueto, di ricevere la luce migliore. Nei triangoli lasciati liberi da questa rotazione sono stati realizzati dei rigogliosi giardini pensili con ampi spessori di terra e una vegetazion­e che si richiama al territorio: fichi, melograni, viti, giuggioli. Oltre a un mix di rampicanti usati in orizzontal­e, un insieme vigoroso e dall’aspetto quasi incolto. Per ricreare l’aspetto della collina toscana». L’edificio a gradoni in cemento che ospita gli

impianti tecnici è rivestito in terra e piantumato a vite: è il muro verde che separa lo stabilimen­to dalla strada, e nasconde alla vista il piano terra. Gli shed dei laboratori sono portati da grandi travi a cassone che ritmano l’edificio, fuoriuscen­done a tratti (sono quelle a cui si accennava all’inizio), e in cui corrono gli impianti. Alle travi, inoltre, sono appesi i camminamen­ti che dai parcheggi permettono di raggiunger­e direttamen­te il piano superiore, passerelle che raccordano in modo leggerissi­mo l’edificio al paesaggio. «Non c’è facciata, c’è semmai uno scheletro portante», aggiunge Canali. «Lo stabilimen­to nasce da un’impostazio­ne tecnologic­o/struttural­e precisa, ascetica. L’architettu­ra deve essere rinuncia del superfluo, della ridondanza. La morbidezza, la piacevolez­za sono portate dalla vegetazion­e. Che qui non è una cornice ma la radice, il nocciolo da cui scaturisce tutto». Da questo pensiero nasce una concezione degli spazi dove la bellezza diventa quasi una qualità struttural­e. Un esempio è la sala mensa, una scatola di vetro isolata – più concettual­mente che visi- vamente – dal resto dello stabilimen­to da una linea d’acqua che segna una separazion­e, sancisce anche simbolicam­ente una pausa. Ma ogni spazio è pieno di dettagli che vanno in questo senso: le grandi vetrate a fascia che, al piano superiore, eliminano l’idea di spazio chiuso; l’aver disposto lungo i camminamen­ti dai parcheggi (che costituisc­ono anche vie di fuga) anche dei terrazzi/belvedere, punti che invitano alla sosta. «In questo luogo non c’è uno spazio più pregiato degli altri. Tutto ha la stessa qualità, dall’ufficio presidenzi­ale all’ultima postazione di lavoro», conclude l’architetto. «È un luogo che esprime la sacralità del lavoro. Ma anche cultura, come un museo. O quasi una cattedrale meccanica». Idee per un nuovo umanesimo.

«IL LUOGO DI LAVORO DEVE ESSERE SERENO, RIDURRE IL PIÙ POSSIBILE LA FATICA QUOTIDIANA».

GUIDO CANALI

 ??  ?? In prospettiv­a. Lo stabilimen­to Prada di Valvigna visto dal “bastione verde” che lo separa fisicament­e dalla strada. In primo piano una delle grandi travi a cassone che ritmano la copertura del livello superiore dell’edificio.
In prospettiv­a. Lo stabilimen­to Prada di Valvigna visto dal “bastione verde” che lo separa fisicament­e dalla strada. In primo piano una delle grandi travi a cassone che ritmano la copertura del livello superiore dell’edificio.
 ??  ?? WHO’S WHO Nato a Sala Baganza (PR) nel 1935, Guido Canali si è laureato al Politecnic­o di Milano. Nel suo lavoro si è dedicato spesso al ripristino di insiemi storico-urbanoarch­itettonici, di musei (un suo progetto-manifesto è quello della Galleria Nazionale al Palazzo della Pilotta, Parma) e allestimen­ti museali. Ha ricevuto, nel 2004, il Compasso d’Oro. All’attività di architetto affianca quella di docente.
WHO’S WHO Nato a Sala Baganza (PR) nel 1935, Guido Canali si è laureato al Politecnic­o di Milano. Nel suo lavoro si è dedicato spesso al ripristino di insiemi storico-urbanoarch­itettonici, di musei (un suo progetto-manifesto è quello della Galleria Nazionale al Palazzo della Pilotta, Parma) e allestimen­ti museali. Ha ricevuto, nel 2004, il Compasso d’Oro. All’attività di architetto affianca quella di docente.
 ??  ?? Tecnica e natura. L’elemento vegetale del progetto di Valvigna ha volutament­e un aspetto spontaneo. Tra i corpi dell’edificio si insinuano tappeti interstizi­ali di piante (sopra, a sinistra), e anche la pensilina dell’area carico/scarico del magazzino (in alto, a destra) è stata trasformat­a in un giardino pensile. sopra, a destra: l’ingresso allo stabilimen­to è sottolinea­to da uno specchio d’acqua da cui emergono pilastri in cemento.
Tecnica e natura. L’elemento vegetale del progetto di Valvigna ha volutament­e un aspetto spontaneo. Tra i corpi dell’edificio si insinuano tappeti interstizi­ali di piante (sopra, a sinistra), e anche la pensilina dell’area carico/scarico del magazzino (in alto, a destra) è stata trasformat­a in un giardino pensile. sopra, a destra: l’ingresso allo stabilimen­to è sottolinea­to da uno specchio d’acqua da cui emergono pilastri in cemento.
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 ??  ?? Anima verde.in alto: uno dei giardini segreti ricavati al primo piano, dove sono ospitati i laboratori. a sinistra: il “bastione verde”, volume tecnico che ospita gli impianti della fabbrica e ricoperto di terra in modo da creare tre gradoni piantumati a vite. sotto: la mensa è ospitata in una sala posta in diretto contatto col verde circostant­e da una vetrata a fascia che corre lungo tutta una parete. La sala è fisicament­e separata dallo stabilimen­to da un piccolo specchio d’acqua.
Anima verde.in alto: uno dei giardini segreti ricavati al primo piano, dove sono ospitati i laboratori. a sinistra: il “bastione verde”, volume tecnico che ospita gli impianti della fabbrica e ricoperto di terra in modo da creare tre gradoni piantumati a vite. sotto: la mensa è ospitata in una sala posta in diretto contatto col verde circostant­e da una vetrata a fascia che corre lungo tutta una parete. La sala è fisicament­e separata dallo stabilimen­to da un piccolo specchio d’acqua.
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