Stoccolma, osservatorio privilegiato per il DESIGN DI DOMANI.
La sezione GREENHOUSE della Stockholm Furniture & Light Fair: una sceltissima rassegna di giovani progettisti provenienti da tutto il mondo. Creativi da seguire.
Un’industria creativa come quella del design è sempre alla scoperta di idee nuove, e il miglior modo per trovarle è fare ricerca. Ricerca che è di tendenze, di prodotti ma soprattutto di persone. È una cosa che le grandi fiere mondiali del settore hanno capito bene e da anni stanno portando avanti, in primis il Salone del Mobile col suo SaloneSatellite, nato nel 1998 e dedicato agli under 35. Anche la Stockholm Furniture & Light Fair, che ha luogo nei primi giorni di febbraio, ha una sezione (Greenhouse, in inglese “serra”) che va in questa direzione, ma evitando di porre limiti anagrafici. Con l’obiettivo dichiarato di cercare innovazione:
nelle idee, nelle lavorazioni, nella forma. Il funzionamento, come in altre iniziative analoghe, è simile a quello di un concorso: il progettista manda la sua candidatura e un comitato poi seleziona i nominativi che saranno ammessi, compiendo una funzione che potremmo definire curatoriale. Ed è qui che risiede uno dei fattori d’interesse di Greenhouse: il gusto nordico è una delle grandi tendenze del design contemporaneo, vedere progettisti provenienti da tutto il mondo scelti con occhio scandinavo è un’esperienza interessante. Quest’anno i nomi ammessi a far parte della sezione sono stati 37 (a loro vanno aggiunte 27 scuole), provenienti da 17 nazioni. E anche alcuni dei designer
UN MELTING POT CREATIVO ORIGINALE, VARIEGATO, DI RANGO. E PIENO DI IDEE INTERESSANTI.
basati in Paesi nordici hanno in realtà radici molto più lontane: Iraq, Australia, Cina. Cosa è emerso da questo gruppo? Innanzi tutto una lunghezza d’onda (di gusto) comune: tutti gli oggetti in mostra stavano bene insieme, la ricerca estetica era di grande coerenza. E questo è senz’altro frutto del lavoro di armonizzazione della giuria. Al tempo stesso, però, quelle che emergevano da ogni stand erano voci personali, ognuna con un suo timbro. C’erano gli arredi all black e primordiali di Sizar Alexis o di Loïc Bard e quelli lievi e dalle tinte pastello di DOFE; i pezzi minimali, quasi utilitaristici di Alexander Kanygin e quelli ironicamente frivoli di Hi Thanks Bye, i mobili di Mario Tsai, geometrici e impeccabili, e gli oggetti-totem in carta riciclata di Dear Human. Un melting pot creativo originale, variegato, di rango. E pieno di idee. Remix di tradizioni. sopra: solo legno per il tavolo del russo Alexander Kanygin, da San Pietroburgo. in alto, a sinistra: lo studio KIMU design (Kelly Lin, Ketty Sheh e Alex Yeh) ha basi a Taiwan e a Helsinki. La lampada Nigiri si ispira a quelle che si trovano nei templi in Asia. in basso, a sinistra: tavolo della serie Unify, progetto della svedese Anne Harvala.