UNA STORIA ITALIANA
Con gusto sicuro TURRI è oggi protagonista dello stile modern luxury.
Nata e a lungo etichettata come azienda emblema del mobile “classico”, Turri è oggi tra i brand protagonisti dell’arredo modern luxury coniugando un inappuntabile savoir-faire frutto di oltre novant’anni di esperienza e una cifra stilistica che trae ispirazione dal Déco e dal design dei maestri milanesi del ’900.
Andrea Turri ci riceve nello stabilimento inaugurato nel 2013 a Briosco, nel cuore della Brianza del mobile. Una fabbrica all’avanguardia per impostazione dei flussi di lavoro, apparecchiature, lavorazioni, movimentazioni, magazzino dove impera la pelle, oggi più che mai caratteristica dell’arredo di lusso. E salubrità dell’ambiente. Lui ne va orgoglioso e giustamente, è un gioiello, incontrando chi ci lavora si avverte un senso di entusiasmo, di partecipazione attiva alle fortune della società. Spiega: «Qui si saldano le due anime dell’odierna Turri, quella tradizionale e quella moderna. L’impeccabile abilità della mano intelligente artigianale e la componente tecnologica indispensabile per essere industria oggi. Del resto la sede di Carugo, che resta il nostro centro nevralgico, non era più adeguata per rispondere all’attuale crescita dell’azienda».
Una crescita che, capitolo dopo capitolo, continua dal 1925. «Fu mio bisnonno Pietro a fondare la ditta. Allora, nel suo laboratorio, si costruivano mobili ispirati agli stili del passato. I suoi clienti erano i milanesi, soprattutto quelli con le ville in Brianza. Gli arredi che faceva erano dei piccoli capolavori ebanistici». E poi che succede? «Nel dopoguerra c’è tanta voglia di fare, occorre ricostruire. Turri parte alla conquista di un mercato più ampio, apre un negozio in piazzale Cadorna a Milano, ai mobili singoli aggiunge la proposta di interi ambienti arredati. Si struttura in modo più industriale, “sfonda” nell’Italia del Sud, in Campania e in Sicilia dove pure c’erano manifatture mobiliere di grande tradizione». Gli anni ’80, e poi i ’90 segnano una nuova svolta. La guida passa nelle mani di Roberto Turri, che di Andrea è un cugino. «Fu il momento dei Paesi Arabi, l’Arabia Saudita e il Kuwait. Da Carugo partivano ogni giorno interi container carichi di mobili dai toni sfarzosi e di pregevolissima fattura. D’altro canto l’aspetto delle nostre creazioni si raffina, si fa più pulito, s’introduce la lucidatura per dare nuovo appeal al prodotto. Sono arredi di spirito neoclassico, un po’ postmodern, piacciono anche in Italia». Tutto funzionava alla perfezione, dunque, e però c’era il rischio di rimanere intrappolati in uno stereotipo... «Vero. Nel 2006 l’azienda stava perdendo slancio e prospettiva. A quel tempo facevo tutt’altro, ero un consulente aziendale in settori che nulla avevano a che vedere con i mobili. Mi chiamarono a dare una mano, accettai e mi feci un’idea mia di quel che serviva a Turri per reggere la sfida del mondo globale e della crisi finanziaria. Ma non tutti i soci (ormai 20) erano d’accordo e così, per farla breve, nel 2009 comprai l’azienda». Una mossa audace, ma non temeraria. Andrea Turri aveva nel frattempo elaborato un progetto, una strategia, una serie di mosse da giocare un po’ per volta verificandone l’effetto sulla gestione. Roba da buongoverno einaudiano. «L’idea di fondo era levarci di dosso l’equazione Turri=classico. Occorreva trovare un nostro stile nuovo senza tuttavia tradire i valori fondanti, soprattutto la manualità sopraffina e la conoscenza delle tecniche antiche che da sempre costituiscono forse il più prezioso tra i nostri asset. Così ci siamo avventurati in un territorio estetico che in quegli anni muoveva i primi passi, il “luxury”, dandone una lettura tutta nostra, moderna, con richiami al Déco e agli stilemi dei professionisti milanesi dagli anni ’30 ai ’50. Forme meno arzigogolate, linee pulite, un maggior feeling con la sensibilità delle giovani generazioni. Per consolidare questo indirizzo abbiamo avviato una collaborazione con un giovane e talentuoso designer, Andrea Bonini, che sta portando una ventata fresca nel nostro catalogo. D’altro canto, già nel 2010, siamo entrati tra i primi nel mercato cinese e per disegnare alcune linee ci avvaliamo oggi di una loro superstar, Jiang Feng (J&A), che ha contribuito in misura consistente al nostro Renaissance estetico. Siamo tra i primi tre al mondo in questo settore e gli unici come brand proprietario». Ma c’è di più, vero? «Già, un’altra delle “mosse”. Stiamo esplorando una nuova dimensione stilistica, giocata sulla linea curva, essenziale ma piena di emozione. In giro non c’è ancora. Come la si potrebbe definire?». L’unica etichetta che ci viene in mente è “soft modern”. Una modernità dolce, comoda, non esasperata, che con il “classico” non ha davvero più nulla a che fare.