FOOD DESIGN
— Lo chef Konstantin Filippou guida il nuovo corso della CUCINA VIENNESE.
Esiste un parallelo tra l’aspetto di un cuoco e i suoi piatti? Da quando Alexandre Dumas consigliava di fuggire i cuochi magri a oggi, parrebbe di sì. Allora i fuochi erano gestiti da maschi possenti, capaci di sollevare spiedi con maialini interi. Oggi gli chef di nuova generazione, sistemando con le pinzette fiori e germogli su una solitaria capasanta, esprimono col proprio aspetto un concetto rarefatto del cibo. Perciò colpisce il contrasto tra questo piatto di grande raffinatezza cromatica, in cui il guscio esterno accoglie magistralmente le proporzioni del cibo all’interno, e l’aria un po’ selvaggia di Konstantin Filippou, cuoco e proprietario del locale che porta il suo nome. Tra i più sofisticati di Vienna, aureolato di stelle Michelin. L’apparente contraddizione deriva dal fatto che Konstantin rappresenta un nuovo ibrido contemporaneo. Il look e i ricordi gastronomici derivano dal padre greco; la disciplina necessaria a formarsi tra Londra (Gordon Ramsay, roast-beef e ruggiti tra i fornelli), San Sebastián (Juan Arzak, angulas e temperamento basco) e il Giappone (rispetto e umami) gli arriva dalla madre austriaca. Il risultato può essere una Capasanta farcita di maiale con aglio nero, oppure questo Lucioperca con midollo di bue, funghi, tartufo del Périgord e brodo dashi. Come dire: un raro pesce di lago fortificato dal boccone più gourmet del bue, funghi raccolti nei boschi intorno a Vienna, brodo mutuato dalla cucina giapponese, a creare l’esplosione di sapore. Il tutto accolto da grigio-azzurri impalpabili e forme morbide e marezzate come creature marine. Solo 35 tavoli, sempre prenotati. Però quando brinda con gli amici, Konstantin torna a essere un vero greco, con lancio e distruzione del bicchiere, pur s’è un prezioso Riedel. □